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Storia della Corsica – I Love Corsica

La storia corsa è davvero un groviglio di conquiste, convivenze (più o meno pacifiche), colonizzazioni, occupanti e occupati, ma soprattutto, proprio in virtù di tutto questo, di forti aneliti indipendentisti. Riassumere i momenti principali di questa storia è complicato; magari può essere d’aiuto fare riferimento a quella che, forse anche più del moro con la benda alzata sopra gli occhi, rappresenta in maniera emblematica il vero stendardo della storia e della cultura corsa: quella lingua tanto più familiare a un genovese o a un gallurese che non a un parigino, decisamente più simile al ligure e al sardo che non al francese, ma con caratteristiche del tutto peculiari e che da secoli è testimone vivo e attivo dell’identità storica e culturale della Corsica.

Le origini degli antichi abitanti della Corsica sono da ricercare nell’Italia centro-settentrionale, forse in Toscana, da dove arrivarono nel VII millennio a.C.; costruivano i loro rifugi nelle caverne e sotto le scogliere, e vivevano di caccia, raccolta e pesca. Un migliaio di anni più tardi giunsero nuovi coloni che costruivano villaggi, coltivavano la terra e allevavano il bestiame secondo la pratica della transumanza, tuttora seguita da molti pastori corsi. Nel IV millennio a.C. arrivarono dall’Asia Minore e dall’Egeo coloro che furono i creatori delle costruzioni megalitiche dell’isola, dolmen e menhir spesso legati al culto della Dea Madre mediterranea; diversi gruppi di menhir sono stati rinvenuti nella regione di Sartène, a “protezione” delle tombe sotterranee in cui venivano sepolti i morti. Più tardi i menhir acquisirono forme e tratti umani: alcuni erano provvisti di spade o pugnali, su altri erano scolpite scapole o costole rudimentali e ogni statua era diversa dall’altra, forse una rappresentazione degli spiriti dei defunti o forse trofei di guerra, ognuno dei quali indicante un invasore sconfitto o scongiurato.

La maggior parte di queste misteriose figure di guerrieri è stata rinvenuta a Filitosa, attualmente uno dei siti archeologici più suggestivi di tutto il Mediterraneo.
Intorno al 1500 a.C. nuovi invasori, i misteriosi Torreani, erano sbarcati a sud e avevano stabilito la loro prima base vicino a Porto-Vecchio: si trattava probabilmente degli Shardana, un Popolo del Mare conosciuto per aver attaccato l’Egitto alla fine del II millennio a.C., e pare che fossero proprio loro gli invasori raffigurati nei menhir di Filitosa. A questi però sostituirono torri di pietra dal significato non meno criptico; all’interno di queste sono state rinvenute tracce di fuochi, probabilmente usati per cremare i morti o compiere sacrifici umani. Durante la colonizzazione gli isolani autoctoni furono costretti a spostarsi verso l’interno e infine a nord, dove poterono continuare a seguire le loro credenze e le loro usanze in pace.

Nel VI secolo a.C. iniziò una nuova ondata di occupazioni straniere: per primi arrivarono i profughi greci di Focea, che fondarono la prima grande colonia ad Aléria dedicandosi a una pacifica vita rurale e commerciale fatta di coltivazioni di viti e olivi e di commercio di metalli e cereali. Nel 535 a.C. i greci abbandonarono Aléria lasciandola in mano agli etruschi che, a loro volta, furono scacciati dai cartaginesi nel III sec. a.C.

Nel frattempo i romani avevano già posato gli occhi sulla Corsica e nel 259 a.C. ne iniziarono la conquista; la costa orientale venne ben presto colonizzata con la costruzione di diversi porti, ma, prima che anche l’ultimo angolo sperduto dell’interno dell’isola fosse loro sottomesso, i romani dovettero combattere per più di un secolo contro gli isolani ribelli, che fecero fronte comune con i cartaginesi per opporsi alla nuova occupazione.

La Corsica rimase una provincia dell’impero romano per oltre 500 anni di relativa stabilità, durante i quali sull’isola fu introdotto il cristianesimo. Con il crollo dell’impero romano, i vandali iniziarono a saccheggiare la costa. In seguito, l’annessione dell’isola all’impero bizantino non impedì l’occupazione degli ostrogoti e, più avanti, dei longobardi, che riuscirono ad annettere la Corsica nel 725, ritrovandosi però con una bella gatta da pelare: all’epoca infatti i villaggi costieri erano flagellati dalle frequenti incursioni ad opera dei mori saraceni, che riuscirono a ottenere il controllo di alcune zone costiere; durante i due secoli successivi i corsi nativi vennero confinati nell’interno, dove avevano sviluppato un sistema di governo feudale basato su comunità i cui capi, una volta eletti, puntavano con tutti i mezzi all’ereditarietà della loro carica. Pare che l’origine dell’importanza dei clan e della loro secolare rivalità in Corsica risalga proprio all’ascesa di queste grandi e potenti famiglie feudali.

Nel frattempo la Corsica intorno all’anno 1000 era passata sotto il dominio papale e il pontefice, su richiesta di alcune di queste potenti famiglie, aveva collocato l’isola sotto la protezione dei pisani, mentre altre cercarono il sostegno dei genovesi, che reclamavano i propri diritti sull’isola. L’epoca pisana, incursioni saracene a parte, fu per la Corsica un periodo di relativa pace, prosperità e sviluppo (fu questo il periodo in cui fiorì la locale architettura religiosa di stile romanico-pisano). Ma la festa finì quando, nel 1133, Genova, attirata dalle possibilità di sviluppo commerciale, ottenne dal papa Innocenzo II che l’isola fosse divisa tra le due repubbliche marinare e da quel momento cominciò la sua offensiva: fortificò Bonifacio e fondò più a nord quella che sarà storicamente la sua città più fedele, Calvi; nel 1284, sconfiggendo la flotta pisana alla Meloria, sancì poi il proprio predominio.

La Corsica divenne una colonia di Genova, che ne sfruttò le terre e le tasse al servizio dei propri interessi commerciali e vi eresse grandi fortezze e centinaia di torri di guardia. Fu questo un periodo particolarmente buio per la storia corsa e il dominio genovese rimase per secoli sinonimo di una brutale repressione: durante i cinque secoli di questa occupazione, qualsiasi tentativo di opposizione fu infatti ferocemente abbattuto. Contro questa potenza a poco valsero i tentativi di conquista da parte degli aragonesi, che godevano della benedizione e del patrocinio di papa Bonifacio VII, e che erano si erano fatti avanti con il pretesto di sostenere parte delle famiglie feudali in rivolta.

Fra il 1553 e il 1559 si ebbe una breve parentesi di amministrazione francese, che nella fase di conquista e di insediamento vide emergere la figura del colonnello Sampiero Corso: accanito antigenovese, fu un combattente d’eccezione nell’esercito d’oltralpe in lotta contro la tirannia genovese.
Nel 1559 però i genovesi ripresero il controllo dell’isola e con esso il suo sfruttamento economico, agricolo e commerciale e la sua repressione, aprendo nuove e forse ancora più dolorose ferite nel cuore del popolo corso e dando il via a una grande ondata di emigrazioni.

Durante il XVII e il XVIII secolo si susseguirono numerose le ribellioni antigenovesi, fino a quando Pasquale Paoli non prese il comando dei moti irredentisti e si conquistò il titolo di “padre della patria”: non solo contribuendo (in misura forse un po’ mitizzata) alle operazioni militari di liberazione dall’odiata occupazione genovese, ma soprattutto fondando un vero e proprio stato corso indipendente con sede a Corte, con uno dei primi testi costituzionali democratici d’Europa, un proprio sistema giudiziario, una propria università, una propria moneta e un rinnovato sistema economico, agricolo e commerciale risanato dalle controproducenti politiche colonialistiche di Genova. Ma la Francia, che aveva finora dato man forte agli indipendentisti corsi offrendo la propria mediazione in chiave antigenovese, pensò bene di farsi avanti per avere la propria fetta di torta e ottenne il consenso da Genova per occupare Bastia, Ajaccio, Calvi e Saint-Florent: solo un antipasto della definitiva conquista francese della Corsica sancita dal trattato di Versailles del 1768.

I rapporti con la Francia ebbero da allora alti e bassi; è emblematica in tal senso la politica del corso più famoso al mondo, Napoleone Bonaparte, che più di tutti si adoperò per la francesizzazione dell’isola.

Dopo una fase di apparente riconciliazione con la Francia in seguito all’attiva Resistenza corsa nella lotta al nazifascismo, il forte sentimento nazionale e un mai del tutto sopito desiderio d’indipendenza, da sempre favoriti dalla accentuata insularità corsa, hanno fatto riemergere in maniera marcata il cosiddetto malessere corso, che a partire dal secondo dopoguerra è sfociato in un vero e proprio movimento autonomista e, in parte, nella fondazione nel 1976 del Fronte di Liberazione Nazionale Corsu (FLNC). Accanto alle rivendicazioni politiche si è in più fasi associata la lotta armata, in un contesto sia di forte violenza (a cui è seguita una politica a volte repressiva a volte opportunisticamente licenziosa da parte del governo centrale francese), sia di estrema frammentazione interna, con alcuni gruppi nazionalisti coinvolti negli anni Novanta in vere e proprie guerre fratricide.

Alle secolari conquiste straniere, che tutte, anche quelle tutt’altro che pacifiche, hanno contribuito a comporre quello che è oggi il popolo corso, alle lotte di potere, alle rivendicazioni politiche e sociali gridate a gran voce (o in tempi più recenti a suon di dinamite), ai rapporti spesso ambigui fra il governo francese e chi a turno si è dichiarato indiscutibile portavoce del popolo corso e suo unico e legittimo rappresentante, a tutto questo il vero spirito corso sembra essere fieramente sopravvissuto. Lo ha fatto con una cultura che resta ancora consapevole delle proprie origini, pur in lotta contro gli aspetti più omologanti della globalizzazione dai quali nemmeno la Corsica viene totalmente risparmiata; con una musica tradizionale che col recente revival “combat-folk” riesce ad essere “pop” nel senso più genuino del termine; con un notevole afflato ambientalista (piromani a parte); con una lingua che specialmente qui è simbolo per eccellenza di distinzione e di identità.

Non si tratta né di sterili feticci da archivio di una memoria in romantico declino, né di una realtà da dare per scontata nelle sue capacità di preservazione e di rinnovamento. Ma sembra che la Corsica al momento stia riuscendo a mantenere vivi e dinamici i caratteri più originali di questa realtà, anche quando attraversa gli inevitabili, necessari e sempre più rapidi mutamenti culturali e storici dettati dalla contemporaneità.

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Specialità Gastronomiche in Corsica – I Love Corsica

Anche in ambito gastronomico la Corsica fa un po’ stato a sé, almeno rispetto alla terraferma francese, dove solitamente ci si affida a ricette elaborate e complesse; al contrario, in Corsica la freschezza e la semplicità sono considerate l’essenza della buona cucina e qualità e genuinità di cibi e bevande sono presi molto sul serio dai corsi; lo stesso sanguinoso assedio di Aléria, nel 1975, che vide uno scontro armato fra un commando dell’organizzazione ARC (Action Régionaliste Corse) e la gendarmérie francese, seppur sicuramente frutto dell’esplosione di noti e secolari sentimenti nazionalisti, ha avuto come pretesto lo scandalo di grosse partite di vino alterato con zuccheri e sostanze chimiche da parte di una ricca famiglia di viticoltori, al fine di raddoppiare la propria produzione vinicola.

Rivendicazioni violente a parte, in generale una grande attenzione al cibo ha sempre assicurato che gli standard dei ristoranti tradizionali siano rimasti nel tempo piuttosto elevati e i prezzi relativamente contenuti.

Diffidate dei menù completi finto-corsi proposti in estate da molti ristoranti turistici nelle località di villeggiatura, dove spesso l’autenticità dei piatti è a dir poco annacquata e il rapporto qualità/prezzo non è poi così conveniente, e preferite piuttosto un semplice piatto in un ristorante tradizionale, dove tra l’altro le porzioni sono in genere più abbondanti.

La carne la fa da padrona nella cucina isolana, a partire dalla famosa salumeria corsa, una delle più rinomate nel mondo per l’alta qualità delle carni lavorate, visto che provengono da una razza locale di maialetti selvatici che crescono in semilibertà nutrendosi dei frutti della macchia e di ghiande e castagne.

I salumi più conosciuti sono il prisuttu, prosciutto essiccato per 18 mesi, la coppa, il lonzu, filetto di maiale affumicato e conservato sotto uno strato di grasso, il figatellu e il fittonu, salsiccia di fegato che viene servita grigliata, il salamu, una salsiccia secca speziata, la salcicetta, da cuocere, la valetta, guancia, e infine, per la serie “del maiale non si butta via niente“, il fromage de tête, ricavato dalle cervella stagionate.

I piatti tipici corsi a base di carne comprendono gli stuffatti o stracotti di cinghiale, il capretto arrosto, il vitello con le olive e, durante la stagione di caccia invernale, il tianu o stufato di cacciagione.
Sulla costa si potranno gustare ottimi pesci e frutti di mare, dai ricci alla murena grigliata, alle sarde farcite al brocciu, oltre a triglie, spigole, orate e cernie, per non parlare delle aragoste del golfo di Saint-Florent o delle ostriche che si possono trovare nella costa orientale: in questo caso ovviamente i costi lievitano, ma la spesa per questo piccolo lusso sarà ben ripagata dalla freschezza e dalla qualità di crostacei e frutti di mare.
L’entroterra corso è percorso da diversi fiumi e torrenti incontaminati e sono dunque molto diffusi nella cucina corsa anche trote e anguille.

Ma i vegetariani non disperino! Non mancano certo frutta e verdure di stagione e i formaggi corsi sono rinomati almeno quanto i salumi. Il brocciu, forse il più conosciuto, è un formaggio fresco a base di latte di pecora o di capra e prodotto secondo una ricetta tradizionale. Il vero brocciu fresco si trova solo da dicembre a luglio e viene consumato sia dolce, con miele o marmellata o come ingrediente base di vari dessert, sia salato, mangiato in purezza o come ripieno di zucchine, cannelloni o delicate omelettes alla menta. Quello che troverete durante il resto dell’anno viene prodotto con latte in polvere o con conservanti che ne permettono il mantenimento nel periodo estivo e il suo sapore lascia quindi un po’ a desiderare; meglio approfittarne allora per assaggiare gli ottimi pecorini e caprini stagionati prodotti in molte zone dell’isola, alcuni dei quali sono molto saporiti e per nasi un po’ forti, altri più delicati.

Un altro ottimo piatto è la polenta, anzi la pulenta di castagne, che può essere servita o come accompagnamento a uno stracotto di carne o come dolce, fritta e ricoperta di zucchero. Con la farina di castagne si facevano anche minestre, frittelle e pane e negli ultimi anni c’è stata una vera riscoperta degli antichi sapori legati a questo frutto, che in passato è stato tanto prezioso per la sopravvivenza nell’isola.

Ovunque potrete trovare crêpes sia dolci che salate; queste ultime costituiscono un’ottima alternativa a un pranzo o una cena, così some le bastilles, torte salate con spinaci, cipolla o brocciu, o con tutti e tre gli ingredienti, e le quiches (altro must della cucina francese), torte salate preparate con una base di pasta brisée e riempiti con un composto di uova e panna a cui solitamente si aggiungono verdure o carne; bastilles e quiches si possono trovare anche nelle rosticcerie e nelle charcuteries, le salumerie, che offrono anche carne già cotta e altre preparazioni salate che vengono vendute a peso.

Nelle pasticcerie troverete una scelta molto ampia di dolci locali, come i beignets, frittelle di farina di castagne con un cuore morbido di brocciu, le torte di castagne, il fiadone, un flan a base di brocciu con limone e uova, che nei ristoranti viene inzuppato nel liquore e servito alla fiamma, i canistrelli, dolcetti secchi alle mandorle, alle noci, al limone o all’anice.
In Corsica si producono anche marmellate davvero speciali di fichi (con le varianti alle mandorle o alle noci), di arance, di limoni, di mandarini e di castagne, oltre a del miele eccellente, di cui sei varietà vantano il riconoscimento DOC (in francese AOC, Appellation d’Origine Contrôlée). Quello di fiori di macchia ha un profumo delicato, quello di castagno è ambrato e ha un profumo più intenso, ma tutti hanno una consistenza e un sapore da provare. In genere gli apicoltori vendono i loro prodotti direttamente lungo le strade, in prossimità delle loro proprietà, e spesso potrete comprare direttamente dai produttori anche le marmellate e altri prodotti tipici.

La Corsica si distingue per alcuni vini di ottima qualità, frutto della felice commistione di clima marittimo e profumi di macchia oltre che del sapiente lavoro dei viticoltori che riescono a ottenere ottimi raccolti dal suolo granitico corso riducendo drasticamente i pesticidi e utilizzando tecniche tradizionali. L’isola ha nove regioni AOC (fra le più note Patrimonio, Capo Corso, Sartène) e negli uffici del turismo potrete trovare l’opuscolo Route des Vins che elenca le migliori tenute di ogni zona e vi guiderà nei vostri tour di degustazione; le aziende vinicole, piccole o grandi che siano, accolgono con piacere i visitatori e se avete intenzione di portarvi a casa qualche sorso di Corsica è sicuramente preferibile comprare il vino direttamente dal produttore.

Troverete eccellenti vini sia rossi che bianchi, oltre ad alcuni rosée e a dei buoni e profumati moscati, in particolare nella zona di Capo Corso e Patrimonio, ma tenete presente che la quasi totalità dei vini prodotti in Corsica non è da invecchiamento e vanno gustati entro un anno, massimo due, dal loro imbottigliamento.
Come digestivi potete provare l’acquavite, pura o aromatizzata con prugne o ciliegie macerate, oppure un liquore di cedrata o di mirto, fabbricato in maniera artigianale da molte famiglie. Spesso questi liquori vengono offerti nei ristoranti alla fine dei pasti.

In Corsica si producono anche tre birre locali, che si difendono più che dignitosamente: la Pietra è una birra ambrata a base di castagne il cui sapore, purtroppo o per fortuna (dipende dai gusti) non è fortissimo, ma è comunque ottima; la Colomba, chiara e molto dissetante; la Torre, birra rossa il cui aroma richiama i profumi della macchia mediterranea.

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Cape Corse Archives – I Love Corsica

Bastia

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Prenota un traghetto per la Corsica – I Love Corsica

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Guida completa e informazioni turistiche sulla Corsica

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Molti la avvicinano per i colori caldi e accesi delle sue spiagge in pieno stile mediterraneo (acque turchesi, sabbie bianche, alle spalle la macchia verde e profumata), altri per la possibilità di praticare, in un territorio relativamente poco esteso, le attività sportive più diverse, dalle immersioni all’alpinismo, dal regatismo al canyoning, dall’equitazione al ciclismo, dalla corsa, al relax più totale …[Continua]

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Hotel Archives – I Love Corsica

Hotel in Corsica

Per trascorrere le tue vacanze in Corsica ti proponiamo oltre 90 Hotel ed Appartamenti e grazie alla nostra collaborazione con Booking confermando la prenotazione attraverso di noi usufruirai della G…

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Bonifacio – I Love Corsica

Nella fantasia di molte persone il nome della Corsica rimanda prima di tutto all’immagine delle bianche scogliere di Bonifacio. Ma per quanto sia un paesaggio familiare e noto un po’ a tutti come gettonatissimo soggetto fotografico in libri, cartoline e dépliant, vederla di persona meraviglierà anche i più disincantati.

La Vecchia Cittadella è arroccata a 70 m su una falesia calcarea che domina sul lungo fiordo, protetto porto naturale.
A lungo fu sotto il dominio genovese, contro il quale niente poterono gli Aragonesi che tentarono di assediarla nel 1420; solo i corsi capeggiati da Sampietro Corso e con l’appoggio dei francesi (e del corsaro turco Dragut…) riuscirono nel 1553 a espugnare temporaneamente Bonifacio, che sei anni più tardi tornò però in mani genovesi, fino al 1768, quando con il trattato di Versailles divenne definitivamente francese.

Per raggiungere la Cittadella si possono prendere le due scalinate che salgono lato del porto verso la Porte de Gênes, e la Porte de France, punto di accesso per le macchine.
Bonifacio attrae naturalmente grandi folle di visitatori, ma a parte alcuni inevitabili negozi di souvenir, pellicole fotografiche e chincaglierie, non ha certo perso il suo fascino.
Dalle piazze e dalle aperture a sud della città si hanno delle bellissime panoramiche sul mare e sulle scogliere candide che sovrastano le Bocche.
Due belle chiese si possono visitare una all’interno della cittadella, la chiesa in stile pisano di Sainte-Marie-Majeure, e l’altra fuori dalle mura, in stile gotico, l’église Saint-Dominique, aperta però solo durante l’estate.

Oltre la chiesa, andando verso il cimitero marino, si può avere un altro stupendo punto d’osservazione.
Ma per godere maggiormente della bellezza di questi luoghi bisognerebbe approfittare di una delle escursioni in barca proposte in gran numero al porticciolo turistico da aprile a ottobre: si può fare un giro del fiordo e dei calanchi fino alla grotta dello Sdragonato e ammirare dal mare la città e le composizioni rocciose che la circondano, o arrivare fino all’arcipelago delle Lavezzi, con la possibilità (previe scorte d’acqua e di cibo), di fermarsi fino a quando non si ha voglia di riprendere un’altra delle corse che collegano le isole a Bonifacio più volte al giorno.
Le offerte proposte possono variare molto da compagnia a compagnia quindi conviene fare un accurato giro informativo lungo la Marina per trovare quella che fa al caso vostro.

Dall’incrocio fra l’Avenue Charles de Gaulle, la Montée Rastello e la Montée Saint-Roch, davanti all’accesso orientale della cittadella, parte un bellissimo sentiero che in poco più di un’ora porta allo stupendo Capo Pertusato e alla vista, indescrivibile, sulle intere Bocche e sulla città. Il sentiero è meraviglioso, ma è totalmente esposto al sole e nel periodo estivo è quindi da evitare nelle ore centrali della giornata.
Al Capo si può arrivare comunque anche in macchina dalla Marina.

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Costa Occidentale della Corsica – I Love Corsica

Molto frastagliata, offre alcuni grandi golfi e numerose calette più o meno raggiungibili.
La meravigliosa Riserva di Scandola, ad esempio, è raggiungibile solo via mare tramite gite organizzate da Calvi, Porto, Cargèse, Sagone e Ajaccio. Caratterizzato da scarsa accessibilità è anche il sottostante Golfo di Girolata, che però oltre che via mare si può raggiungere anche a piedi dal Col de la Croix con un’ora e mezzo di camminata ben ripagata dalla delizia del golfo, sebbene in alta stagione perda un po’ del suo fascino.

Porto, forse meno invitante delle altre città costiere per la villeggiatura stanziale, costituisce però un punto di partenza strategico sia per raggiungere la Riserva di Scandola e il Golfo di Girolata, sia per conoscere l’entroterra.

Fra il villaggio di Ota e Evisa si trovano bellissimi ponti genovesi perfettamente conservati e visibili dalla strada, come il Ponte di Pianella, oppure, come il Ponte Zaglia e il Ponte Vecchju, raggiungibili con brevi e piacevoli passeggiate nelle gole della Spelonca, lungo un tratto del Sentiero Mare e Monti Nord che unisce Calenzana a Cargèse. Inoltrandosi verso il Col de Verghio e il cuore della Corsica si incontra il paesino di Evisa, immerso nei castagneti; ogni anno ospita una rinomata festa della castagna.

Ritornando invece verso la costa un altro scorcio molto bello è offerto dalle Calanche che sovrastano il villaggio di Piana, una suggestiva composizione di pietra e vento classificata come Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Alcuni sentieri panoramici si dipanano in mezzo e intorno a questo bosco di pietre; per informazioni sui percorsi ci si può rivolgere all’Ufficio Turistico di Piana.
Da Piana si possono inoltre raggiungere in macchina le spiagge di Ficajola (con un ultimo tratto a piedi percorribile in 10 minuti di cammino) e di Arone.

Più a sud merita una menzione Cargèse, colonia greca in terra corsa risalente al 1774, quando una comunità di greci del Mani (la penisola centrale del Peloponneso) in fuga dall’occupazione turca trovarono ospitalità presso i genovesi, che li sistemarono in queste terre allora di loro dominio.
In realtà il primo insediamento fu a Paomia, non lontana da Cargèse, ma quando, nel 1731, gli esuli greci ebbero la bella pensata di esprimere la loro riconoscenza verso Genova appoggiandola contro l’insurrezione dei corsi, i vicini autoctoni non la presero molto bene, saccheggiarono la città e i greci furono costretti a riparare in massa ad Ajaccio.

Solo in seguito si stabilirono a Cargèse, prima di un secondo esilio ajaccese in seguito a nuove ostilità fra greci e corsi; più tardi una parte di questi greci lasciò definitivamente le coste corse per l’Algeria, ma questa è un’altra storia. Chi fosse curioso e volesse saperne di più può leggere le favolose pagine di sir Patrick Leigh Fermor, che in Mani, fra le altre vicende che hanno travagliato l’aspra penisola greca, racconta con passione nonché con una sottile dose di affettuosa ironia, anche questa storia di migrazioni, di vita e di guerra, poi finita in più che pacifica convivenza.
Insomma, il punto è che adesso di quella antica ostilità a Cargèse non è rimasta alcuna traccia e lo dimostrano proprio le due chiese, una di rito greco-ortodosso, l’altra di rito latino, che rappresentano al meglio questa felice comunione.

Il golfo di Sagone e Tiuccia sono ben serviti da strutture alberghiere, ristoranti e bar ma le due cittadine non si distinguono particolarmente.
Molto bello è invece il loro entroterra e alcuni suoi remoti e isolati paesini in mezzo al verde, come Orto e Soccia.

Mentre nel frastagliato tratto di costa fra Capo di Feno, bellissimo promontorio con torre genovese annessa, e Punta della Parata, di fronte alle Isole Sanguinarie, più a sud, si trovano alcune calette piuttosto belle e un po’ meno frequentate rispetto a quelle del Golfo di Sagone e del Golfo di Ajaccio. Eccetto l’Anse de Minaccia però, le altre si possono raggiungere solo a piedi da Punta della Parata, dove si può arrivare comodamente anche con l’autobus da Ajaccio; dalla Parata inizia una passeggiata piacevole e senza difficoltà, che già in poco più di un’ora vi permetterà di arrivare alle prime cale, l’Anse de Minaccia e Cala di Fico.
Il sentiero prosegue per Capo di Feno con un’altra ora di cammino, su un sentiero facile ma un po’ più inselvatichito.

Per ritrovare le grandi spiagge sabbiose occorrerà invece tornare verso Ajaccio e in particolare verso i lati ovest e sud dell’omonimo golfo (evitando magari l’anonima e turistica Porticcio) dove si trovano le bellissime spiaggia di Ruppione e la spiaggia di Verghia, dalle sabbie bianche e dal mare cristallino.
Questi piccoli golfi sono sorvegliati da tre torri genovesi, costruite su altrettanti piccoli promontori dalle bellissime vedute panoramiche che meritano di essere conquistate con brevi passeggiate: la Torre dell’Isolella, la Torre di Punta di a Castagna e la Torre di Capo di Muro.

L’alternanza di belle cale continua nel Golfo di Valinco, con la spiaggia di Cupabia e quelle di Taravo e Tenutella, intorno a Porto-Pollo, forse un po’ meno affollate di quella di Campitellu; oltrepassata Propriano un’altra bella spiaggia si trova a Portigliolo ed è piuttosto carino il paesino di Campomoro, che chiude il golfo.
Più a sud, i punti più belli della costa sono quelli intorno a Tizzano e in particolare il sito protetto di Roccapina con le sue sculture granitiche naturali.

Da vedere nell’entroterra

Cupulatta

Centre d’élevage et de protection de la tortue. Primo nel suo genere in tutta Europa, questo parco naturale di due ettari ospita ben 3.800 tartarughe di diverse specie, molte delle quali rare o in via d’estinzione.
Istituito nel 1965 da Philippe Magnan e aperto al pubblico nel 1988 insieme a un gruppo di volontari, accoglie ogni anno moltissimi visitatori, dalle famiglie alle comitive scolastiche, ai ricercatori che nel parco trovano un utile strumento per lo studio di questi incredibili animali.
Per arrivarci prendete la N193 da Ajaccio in direzione di Corte; il Centro si trova in località Vignola ed è aperto tutti i giorni da aprile a novembre; gli orari d’apertura da giugno ad agosto sono 9:30-19:00, nei restanti mesi 10:00-17:30.
Per informazioni: http://www.acupulatta.com/

Filitosa

Quello che viene giustamente considerato uno dei siti preistorici più suggestivi di tutta Europa racchiude le testimonianze di otto millenni di storia umana in Corsica. I reperti più belli sono i grandi e misteriosi monoliti di granito risalenti al periodo megalitico.
Il sito si può raggiungere in macchina da Ajaccio, da cui dista una cinquantina di chilometri, o da Propriano, a 20 chilometri; non è però servito direttamente da nessun autobus di linea, ma si può prendere un autobus della linea Ajaccio-Porto Pollo e farsi scendere alla fermata più vicina, per poi percorrere a piedi i pochi chilometri rimanenti.
Per informazioni: http://www.filitosa.fr/

Sartène

Sotterrata l’ascia di guerra delle faide intestine che l’hanno caratterizzata fino all’800, offre adesso ai visitatori la pace dei suoi vicoli e delle sue case in pietra e la sua vicinanza al mare la rende un luogo ideale in cui stanziarsi, muovendosi poi verso le spiagge o verso l’interno per escursioni giornaliere.

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Costa Orientale della Corsica – I Love Corsica

Superata Bastia in direzione sud e si stende un lungo tratto di costa sabbiosa e pianeggiante che dal Lido della Marana arriva fino ad Aleria, primo punto di interesse di questa costa che non presenta altrove grosse attrattive e che peraltro, nonostante questo, è anche molto turisticizzata.

Ad Aleria si possono visitare il sito di Alalia, molto interessante perché riunisce testimonianze etrusche, greco-focesi e romane della zona; i reperti rinvenuti nell’area sono conservati nel vicino Musée Départemental d’Archéologie Jérôme Carcopino che è ospitato all’interno del bellissimo Forte di Matra, fortezza genovese del XV secolo.

A nord di Aleria si trova invece lo Stagno di Diana, il cui ingresso è dominato dalla Torre omonima. Nella adiacente Île de Santa Maria si trovano una piccola cappella e le rovine di una banchina dell’antico porto romano che duemila anni fa era trafficato dalle numerose imbarcazioni che facevano la spola tra questi lidi e Roma per rifornire la capitale delle pregiate ostriche della laguna.

Ancora oggi le ostriche sono una specialità locale e alcuni ristoranti della zona offrono ottimi menù a base di questi e altri frutti di mare, altro buon motivo per fare una sosta in questo suggestivo micro-territorio che riunisce archeologia, natura e tranquillità.

Per ritrovare spiagge da cartolina occorre oltrepassare Aleria e arrivare verso l’Île de Pinarellu, in realtà una penisola (con un isolotto davanti) che separa due belle spiagge sabbiose dal mare cristallino. Ancora più a sud, in direzione di Porto-Vecchio, si incontrano la Baia di San Ciprianu, la Cala Rossa e la Baia di Stagnolu, altrettanto belle ma in alta stagione sempre piuttosto affollate per la loro vicinanza con Porto-Vecchio.
Questa in effetti attira molti visitatori proprio come base per recarsi nelle spiagge che la circondano, ma merita comunque una visita anche la sua cittadella.

Oltrepassa anche Porto-Vecchio, un’altra fra le spiagge più belle dell’isola, insieme a quelle degli Agriates, è quella di Palombaggia e, poco più a sud, il Golfo di Santa Giulia.

Musée départemental d’Archéologie Jérôme Carcopino, Fort Matra

  • Orario estivo (dal 16 maggio al 30 settembre)
  • Tutti i giorni dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 19.00
  • Orario invernale (dal 1° ottobre al 15 maggio)
  • Dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 17.00

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