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Come muoversi in Sicilia in autobus – Sicilia Turismo

Gli autobus raggiungono quasi tutte le destinazioni di interesse turistico, sono comodi, più veloci rispetto ai treni e solo leggermente più cari.
Sais, Ast e Interbus sono le compagnie siciliane che insieme servono quasi tutta l’isola collegando anche fra di loro i centri principali.

I tragitti locali sono coperti da numerose compagnie minori, che però riducono o eliminano totalmente il servizio la domenica e i festivi.

In genere nelle città più grandi i capolinea sono davanti alla stazione ferroviaria o in una delle piazze principali. Gli orari si possono trovare negli uffici delle varie compagnie o nelle autostazioni, dove conviene anche comprare i biglietti se si vuole essere sicuri di viaggiare seduti. Altrimenti si possono acquistare direttamente dal conducente.

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Storia della Sicilia – Sicilia Turismo

La Sicilia è l’isola del Mediterraneo che ha visto più conquistatori e nella quale questi hanno lasciato le loro tracce in maniera più profonda, nel bene e nel male. La sua storia è ricca quanto travagliata, fatta di fasti e glorie quanto di conflitti e decadenza, in una terra che per secoli ha vissuto come colonia delle civiltà più ricche e potenti dell’area del Mediterraneo, seguendone a fasi alterne le sorti.

Greci, romani, arabi, normanni, aragonesi le hanno lasciato una cultura profonda e vivace, preziose tradizioni culinarie che rivisitate e unite a quelle autoctone hanno dato origine a una delle cucine più buone del mondo, città e siti archeologici di una suggestione unica che fanno rivivere la complessa storia dell’isola. Il prezzo da pagare però è stato alto per la Sicilia, che, sfruttata a dismisura, ha visto nei secoli profonde crisi economiche e sociali.

La Preistoria

La Sicilia fu abitata fin dalla Preistoria da popolazioni provenienti dall’Europa orientale che hanno lasciato traccia di sé in molte pitture rupestri; le più interessanti si trovano sul Monte Pellegrino e nella grotta del Genovese a Levanzo. Nel Neolitico approdarono sulle coste orientali e sulle Eolie popolazioni provenienti dal Mediterraneo orientale, portatori di una civiltà piuttosto avanzata che unitasi alla popolazione autoctona dette origine alla cosiddetta civiltà di Stentinello, di cui ci rimangono numerose ceramiche.

Vennero importate nuove tecniche di lavorazione dei metalli e lo sviluppo di agricoltura e allevamento portò alla costruzione di fattorie e villaggi stabili, che divennero basi per commerci sempre più estesi verso le lontane civiltà mediterranee. Durante l’età del Bronzo e quella del Ferro arrivarono dall’Italia continentale nuove popolazioni: gli ausoni, che si stabilirono nelle Eolie, e i siculi, nella Sicilia orientale, spingendo le popolazioni autoctone verso l’interno. I siculi furono coloro che introdussero nell’isola l’uso del cavallo e il culto dei morti. Verso la metà del XIII secolo arrivano i Sicani, probabilmente di origine non indoeuropea, che si stanziarono principalmente nella zona occidentale della Sicilia, presto spinti verso l’interno dall’arrivo degli Elimi, i fondatori di Segesta ed Erice.

La Sicilia greca, cartaginese e romana; i barbari e i bizantini

Tra XI e X secolo avvenne la penetrazione dei cartaginesi, che si insediarono a Panormo (l’odierna Palermo), Solunto e Mozia fra l’VIII e VII sec. Nello stesso periodo furono fondate le colonie greche della Sicilia orientale: Naxos fu fondata da greci provenienti dalla penisola calcidica e dell’isola cicladica di Naxos; Megara Hyblaea dai megaresi; a Ortigia di insediarono i corinzi e a Gela alcuni gruppi provenienti da Creta e da Rodi.

A queste comunità dobbiamo il sito di Selinunte e la stupenda Valle dei Templi di Agrigento, la cui visione continua ad avere del magico nonostante gli aborti edilizi che campeggiano nella zona. Ai greci si deve anche l’importazione di vite e ulivo, che tanta importanza hanno avuto e hanno tuttora nella cucina siciliana e in quella italiana in generale, ma purtroppo anche quella delle lotte intestine fra le città, alimentate anche dal fatto che delle ricchezze del territorio beneficiavano soprattutto i proprietari terrieri a scapito dei siculi indigeni e dei coloni greci di ultima generazione. I gravi contrasti sociali che ne derivarono sfociarono in ribellioni popolari, cui l’aristocrazia rispose con la costituzione di tirannidi, come quelle di Agrigento, Gela, Lentini, e soprattutto Siracusa, che accentrò su di sé le redini di una temporanea coalizione in chiave anticartaginese e ottenne l’egemonia su quasi tutta l’isola per i secoli successivi.

I cartaginesi di Annibale tentarono di approfittare della situazione di instabilità delle colonie greche occupando e saccheggiando Selinunte, Imera, Agrigento e Gela. La risposta del tiranno di Siracusa, Dionigi I, fu la distruzione della colonia punica di Mozia, i cui superstiti fondarono un nuovo insediamento a Lilibeo, l’odierna Marsala. Siracusa divenne una delle massime potenze del Mediterraneo, riassoggettò sotto il proprio potere tutta la Sicilia orientale e Dionigi si spinse addirittura sulle coste adriatiche dove fondò Ancona.

Non riuscì però a cacciare completamente i cartaginesi dall’isola e le guerre contro Cartagine continuarono fino al III secolo, quando entrò nella scena un nuovo imponente protagonista, l’impero romano, che sconfisse definitivamente Cartagine nel 241 rendendo la Sicilia una propria colonia. Siracusa fu fatta tributaria di Roma, la cittadinanza di Agrigento fu venduta schiava e sostituita con siciliani filo-romani e larghe confische del territorio portarono allo sviluppo del latifondo, alla diminuzione degli abitanti e alla decadenza economica dell’intera isola, con la conseguenza che cominciò maturare un certo indipendentismo e si moltiplicarono le rivolte degli schiavi.
Nel 439 d.C. fa Sicilia fu invasa dai Vandali, poi arrivarono gli ostrogoti di Teodorico che la riunì nuovamente all’Italia; ma nel 535 a.C. Belisario, generale bizantino, la riconquistò.

L’epoca araba

Per circa 300 anni la Sicilia fu oggetto di continue scorrerie da parte soprattutto dei pirati saraceni provenienti dal Nord Africa. I mori all’epoca erano ormai diventati la potenza più dinamica del Mediterraneo e in seguito alla conquista di Pantelleria intorno al 700, vennero stipulati degli accordi commerciali che permisero ai mercanti arabi di insediarsi in alcuni porti della Sicilia orientale, prodromo della conquista araba vera e propria che avvenne nell’827 con diecimila saraceni, fra arabi, berberi e musulmani spagnoli, che approdarono a Mazara del Vallo; nell’831 fu la volta di Palermo mentre l’invasione dell’intera isola fu completata solo nel 965, dopo il saccheggio nell’878 della città di Siracusa e il massacro della sua popolazione.

Sotto gli arabi Palermo divenne una delle maggiori città del mondo, un centro cosmopolita ricco di giardini, sontuosi palazzi e moschee. Furono ricolonizzate le zone rurali, i grandi e improduttivi latifondi furono suddivisi e furono introdotte nuove colture come agrumi, canna da zucchero, lino, cotone, seta, meloni e palme da dattero, grazie a grandi lavori di ampliamento delle opere d’irrigazione. Fu sviluppata l’attività estrattiva, dato grande impulso alle saline e intensificati i commerci, che riportarono la Sicilia al centro di una fiorente rete commerciale.

Ancora, sotto gli arabi le imposte furono ridotte grazie a una più funzionale razionalizzazione e ci fu una maggiore tolleranza religiosa rispetto al periodo bizantino, anche se i non musulmani erano soggetti a un certo grado di discriminazione sociale, che contribuì molto probabilmente alla conversione di molti siciliani alla fede musulmana. L’eredità araba è rimasta anche in molti toponimi; un esempio per tutti è Pantelleria dove questa influenza è particolarmente marcata (Monte Gibele, Kamma, Bugeber, Bukkuram, Gadir…). O anche nella pesca: la terminologia legata alla mattanza dei tonni nelle isole Egadi è quasi tutta di origine araba.

Il secolo normanno

In seguito a lotte di potere interne al mondo arabo la capitale dell’impero fu trasferita in Egitto e la Sicilia perse la sua posizione centrale nel Mediterraneo arabo, diventando vulnerabile agli attacchi esterni. In seguito a una richiesta d’aiuto da parte di una delle fazioni arabe in lotta, Messina fu assediata nel 1061 da Ruggero d’Altavilla. Fu il primo passo della conquista normanna che si concluse però solo 30 anni dopo. Nel 1072 Palermo fu conquistata e proclamata capitale della Sicilia normanna.

Il secolo di dominazione normanna fu il periodo di massimo splendore della città e dell’intera isola, un’epoca feconda e irripetibile; il patrimonio artistico e architettonico lasciato in eredità non ha eguali, per la sua vastità e qualità, avendo assorbito i precedenti stili bizantino e arabo e avendoli incorporati nei grandi edifici civili e religiosi normanni che a distanza di secoli lasciano ancora a bocca aperta: il Palazzo dei Normanni, la cattedrale e la Zisa a Palermo, la cattedrale di Monreale, quella di Cefalù sono solo alcuni dei contributi architettonici più spettacolari. I normanni puntarono su una politica dell’accettazione, della tolleranza religiosa e dell’integrazione affidandosi alle strutture preesistenti, non potendo d’altra parte contare su un numero sufficiente di propri coloni; resero più efficiente l’amministrazione e imposero il francese e l’italiano in un’isola che era stata in gran parte araba e, di fatto, definirono il contesto socio-politico per i sette secoli di dominio straniero a venire. Ruggero I promosse lo sviluppo economico dell’isola, reinstaurò il cattolicesimo e puntò molto sui buoni rapporti diplomatici con le altre potenze, arrivando a far sposare le proprie figlie con gli eredi di due delle più potenti dinastie europee (uno dei quali fu il figlio dell’imperatore d’Occidente Enrico IV).

Suo successore fu il figlio Ruggero II, primo re normanno di Sicilia e uno dei regnanti più carismatici e dotati d’ingegno dell’Europa medievale, che rese l’isola il crogiolo degli elementi più creativi e capaci del mondo mediterraneo. Fu lui ad esempio a convocare a corte il geografo e viaggiatore arabo Idrisi incaricandolo di redigere un compendio del mondo allora conosciuto, quello che divenne “Il Libro di Ruggero”; le pagine dedicate da Idrisi alla Sicilia di Ruggero II parlano nientemeno che della “gemma del secolo”… Mecenate delle arti, Ruggero parlava anche il greco ed ebbe come suoi consiglieri molti musulmani. Con lui la Sicilia fu unita all’Italia meridionale, conquistò anche Malta e alcune città della costa nordafricana (Tripoli e Djerba), e occupò Corfù, ottenendo così l’egemonia anche sul Mediterraneo centrale. Durante il suo regno fu redatto il primo codice di leggi scritto della Sicilia.

Dagli svevi alla dominazione spagnola

La discendenza di Ruggero II non riuscì a essere all’altezza di un così illustre predecessore e progressivamente allontanò l’influenza araba dall’isola; inoltre le ribellioni dei baroni si fecero sempre più frequenti e le divisioni interne favorirono l’arrivo nel 1194 della flotta di Enrico VI di Svevia, diventato imperatore nel 1191 e venuto a reclamare i suoi diritti di successione sull’isola (nel 1186 aveva sposato Costanza, zia del re normanno Guglielmo II, morto a 36 anni senza discendenti diretti).

A Enrico VI successe Federico II di Svevia, che restaurò sull’isola la struttura burocratico-amministrativa dello Stato normanno e dette un’impronta più autoritaria e imperiale alla società, estendendo la propria egemonia a spese dell’indipendenza del clero e dell’autonomia delle città, per tenere a freno le quali fece erigere, in Sicilia come in altre zone del sud Italia, imponenti castelli come quelli di Milazzo, Catania, Siracusa e Augusta. Federico II, diventato re di Sicilia con il nome di Federico I, rese l’isola il primo Stato moderno d’Europa dal punto di vista amministrativo e legislativo, ma nel tentativo di omogeneizzare la società siciliana si rivolse contro quelle che ormai erano diventate delle minoranze, come quella musulmana.

Tuttavia, fu un grande patrocinatore delle arti (fu alla sua corte che si formò la scuola poetica siciliana, che tanta importanza ebbe nello sviluppo della lingua e della letteratura italiana), delle scienze naturali, del diritto e della medicina.

Alla sua morte però il figlio Manfredi non riuscì a fermare il declino della Sicilia sotto le spinte dei tentativi di usurpazione dei baroni e delle mire annessionistiche dei monarchi stranieri e nel 1268 l’isola divenne possedimento degli Angioini, che furono però cacciati nel 1282 con l’insurrezione conosciuta come quella Vespri Siciliani.

Fu la volta di aragonesi e spagnoli, la cui dominazione durò fino al 1713. L’anno successivo, con la pace di Utrecht, l’isola fu assegnata alla Casa Savoia che la barattò con l’Austria incambio della Sardegna. Nel 1738 tornò in mano spagnola con i Borboni, che vi dominarono incontrastati fino al 1860, l’anno dell’impresa garibaldina dei Mille, dopo la quale la Sicilia fu unita al Regno d’Italia.

Dall’Unità d’Italia alla contemporaneità

All’epoca dell’Unità la regione era gravata da sottosviluppo e da arretratezza economica, la situazione dei contadini siciliani era addirittura peggiorata rispetto all’epoca borbonica e si diffuse il brigantaggio, fenomeno sociale di ribellione al nuovo dominio della borghesia. Fu allora che si cominciò a parlare di questione meridionale, nella quale all’interno delle già critiche dinamiche economiche e sociali cominciò a inserirsi la mafia, organizzazione criminale dalla struttura non rigida che riusciva facilmente a manipolare le procedure di voto con la falsa maschera di difensore dei deboli.

Alla fine del secolo fece la sua comparsa una opposizione organizzata, quella dei fasci siciliani (o fasci dei lavoratori), un movimento sindacale di ispirazione socialista nato nel 1891 che chiedeva riforme e leggi a tutela degli interessi dei lavoratori e che conquistò un vasto seguito fra i contadini. Nel 1894 ci furono violente agitazioni, per reprimere le quali i grandi latifondisti chiesero aiuto al governo centrale.

Nonostante la formazioni di alcune cooperative di lavoratori e l’attuazione di illuminati programmi di riforma agraria da parte di singoli individui come don Luigi Sturzo, le condizioni di vita nelle campagne si facevano sempre più dure e cominciò la grande emigrazione verso l’America, raccontata magistralmente in numerosi film.
Le campagne belliche dell’occupazione della Libia e della prima guerra mondiale colpirono gravemente l’economia siciliana.

Mussolini, una volta assunto il potere a Roma, in gran parte senza il sostegno dei siciliani, decise di risolvere la questione meridionale incaricando il prefetto di Palermo di “sgominare la mafia”, che nel frattempo aveva già esteso i propri tentacoli negli Stati Uniti. Gli arresti di migliaia di sospetti mafiosi, a volte sulla base solo di deboli indizi, senza riuscire a colpire i gangli dell’organizzazione, non solo non servirono a sgominare la mafia dalla Sicilia, ma la spinsero a operare ancora più segretamente.

Negli anni Trenta, a sostegno delle imprese belliche, la Sicilia venne letteralmente spremuta per la produzione di grano; questa pratica di coltivazione intensiva a scapito della diversificazione delle colture, elemento vitale per l’economia siciliana, impoverì il terreno e causò l’erosione del suolo.

Durante la seconda guerra mondiale la Sicilia fu il primo lembo di territorio italiano a essere invasa dagli Alleati, nel luglio 1943. Da questo momento i bombardamenti sulle città si fecero serrati, Messina in particolare, che ancora non si era ripresa dal devastante terremoto del 1908, fu pesantemente colpita, prima che le truppe alleate arrivassero alle sue porte il 18 agosto.
Nel dopoguerra lentamente la Sicilia tentò di risollevarsi. Intanto, però, riprendeva forza il separatismo, che cominciava a organizzarsi in bande armate violente finanziate dai più potenti proprietari terrieri. Fu per rispondere e in qualche modo tamponare il fenomeno che nel 1946 alla Sicilia fu riconosciuto lo statuto speciale di regione autonoma, dotata di un proprio parlamento.

L’autonomia non riuscì tutavia a sanare le divisioni e i conflitti dell’sola, e la mafia e i vecchi proprietari terrieri più reazionari si scatenarono usando la violenza contro quella che ritenevano la maggiore minaccia al loro potere: il comunismo. L’apoteosi di questo delirio ci fu il 1° maggio del 1947, a Portella della Ginestra, dove durante una manifestazione organizzata in occasione della festa dei lavoratori, 11 persone furono uccise e altre 33 ferite, ad opera della banda di Salvatore Giuliano, ex capo di una delle bande armate separatiste in seguito arruolato alla causa anticomunista.

Il potere occulto della mafia cominciava a farsi strada nelle città, diventando sempre più potente grazie ai suoi legami con il potere politico, le sue speculazioni edilizie, il contrabbando, il traffico di droga e il pizzo, ancora molto diffuso e che, dopo anni di minacce e paura, coraggiosi commercianti e cittadini hanno iniziato a combattere, denunciando apertamente i propri estorsori.

Negli anni Settanta la mafia ha cominciato a colpire con sanguinosi attentati una serie di alti funzionari e persone impegnate a denunciarne e combatterne le attività criminose. Il governo decennale della Democrazia Cristiana, con la sua cultura conservatrice e bigotta e con la sua politica burocrate e clientelare non poté certo risollevare la situazione.
Un settore che riuscì a evitare il controllo dell’amministrazione e una pianificazione di qualsiasi tipo fu quello edilizio, le cui realizzazioni, spesso obbrobriose, feriscono tuttora lo sguardo di numerosi paesaggi naturali e archeologici. Il settore industriale ha sofferto di mala amministrazione, mentre il settore agricolo è stato abbandonato a se stesso e patisce la mancanza di finanziamenti. Finanziamenti che quando arrivano, siano rivolti all’industria o all’agricoltura, si perdono il più delle volte negli oscuri meandri della cattiva amministrazione, della corruzione o della collusione delle autorità con la mafia, che ogni tanto si vede servire su un piatto d’argento occasioni d’oro come il progetto di costruzione di un ponte sullo Stretto di Messina, dal pesante impatto ambientale e dalle numerose possibilità di infiltrazione mafiosa con ingenti investimenti di narcoeuro nella costruzione del ponte (rapporto 2° semestre 2005 della DIA – Direzione investigativa antimafia).

Ed è forse questa amara consapevolezza di un legame inscindibile fra poteri politici e mafia, insieme al livello di atrocità raggiunto dalle stragi mafiose dei primi anni Novanta con le uccisioni dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che ha fatto alzare la testa a molti siciliani, che hanno scelto di rifiutare la maschera dell’omertà e di lottare quotidianamente contro la logica di morte e terrore di Cosa Nostra. Chi denunciando chi chiede il pizzo per poter tenere aperta la propria attività commerciale, chi riunendosi in associazioni, gruppi, realtà di base, impegnandosi a diffondere una cultura di giustizia sociale, chi lavorando nelle scuole per far conoscere a bambini e ragazzi che cos’è la mafia e perché combatterla.

Quello che forse meglio rappresenta la nuova aria che sta tirando in Sicilia è “Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, siciliane ma non solo, territorialmente impegnati nella costruzione e nella diffusione di una cultura della legalità, della giustizia sociale e della tutela ambientale attraverso campi di formazione antimafia, attività antiusura, e progetti di recupero dei beni confiscati alle mafie, secondo la legge 109/96 che prevede l’assegnazione dei patrimoni e delle ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti – associazioni, cooperative, Comuni, Province e Regioni – in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite servizi, attività di promozione sociale e lavoro. Così si presenta al giorno d’oggi una (buona) parte della società civile siciliana che, seppur ferita dopo tutti i secoli di conquiste spesso sanguinose e colonizzazioni predatrici, potentati a volte illuminati ma pur sempre stranieri, oppure autoctoni ma occulti e mortiferi, dà una lezione di speranza alzando la testa e facendo sentire la propria voce. Un altro ottimo motivo per fare un viaggio in questa bellissima isola.

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Muoversi in Sicilia – Sicilia Turismo

La Sicilia è una delle isole più grandi del Mediterraneo e le distanze tra una città e l’altra richiedono, anche in alcuni casi alcune ore di viaggio in automobile o in autobus, di più se si sceglie di spostarsi in treno, più lento e con le stazioni dislocate a volte diversi chilometri fuori dai centri che si vogliono raggiungere.

Se poi dovete far coincidere treni e autobus potrebbero volerci anche 5 o 6 ore per percorrere 50 chilometri perché spesso le varie corse non sono pensate in funzione delle coincidenze.
Quindi, se vi muovete usando mezzi pubblici diversi, pianificate per tempo gli spostamenti in modo da non rischiare di rimanere bloccati per ore in qualche sperduta fermata di autobus o treno.

Se dovete andare da un capo all’altro della Sicilia, in linea generale sono piuttosto rapidi i viaggi lungo la costa, mentre può richiedere un’intera giornata attraversare l’isola da est a ovest o viceversa passando dall’interno.

Numerosi traghetti e aliscafi raggiungono le isole minori, alcune delle quali sono collegate direttamente alla penisola. Per Pantelleria e Lampedusa l’alternativa è l’aereo, con voli regionali da Palermo, Trapani e Catania, o con voli nazionali.

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Nave Archives – Sicilia Turismo


Come arrivare in Sicilia in nave

La nave è il mezzo consigliabile se si vuole portare in Sicilia la propria auto partendo dalle regioni del centro-nord. Se non avete intenzione di fare tappe intermedie, percorrere tutta la penisola …

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Palermo

Quando i fenici scelsero di insediarsi qui non potevano trovare posizione migliore, al centro di un ampio golfo e con alle spalle una vallata fertile e prolifica. Il fascino naturale del sito su cui sorge è stato gradualmente soppiantato nei secoli dal fascino architettonico e la sua bellezza è nei lasciti dei popoli che la hanno abitata e l’hanno resa una delle città più vivaci e trafficate del Mediterraneo.

Nonostante la fama che si è fatta a causa di una certa diffusione di criminalità, micro e non, molta della quale costituisce la minuscola punta di iceberg della mafia palermitana, è una città che non dà affatto un senso di pericolo o di insicurezza. Arrivandoci via mare si ha il vantaggio di sentirsi subito immersi nella città e ci vuole molto poco a prenderci confidenza; per quanto riguarda i borseggi da moto e motorini di passaggio ci si può tutelare di giorno evitando di mettere in mostra la propria “turistaggine” con borselli ciondolanti o apparecchi tecnologici in vista, di notte evitando le strade del centro storico poco trafficate o male illuminate.

Queste sono indicazioni di massima che possono valere ovunque, anche se è vero che scippi e borseggi a Palermo sono piuttosto frequenti; detto questo, durante il periodo in cui eravamo a Palermo, ci è capitato anche di attraversare zone del centro storico cosiddette “a rischio”, e di incontrare molte persone che, essendo estate, stavano sedute fuori dalla porta di casa a chiaccherare con i vicini e a prendere fresco.

Le cose da vedere sono tante ma Palermo è una di quelle città che merita di essere visitata con lentezza, o si rischia di perdersi pezzi importanti della sua identità; d’altra parte si è tentati in continuazione di fermarsi in qualche bar, pasticceria o bancarella in uno dei suoi mercati alimentari per uno spuntino, visto che soddisfare fame e sete a Palermo è un piacere come pochi e i prezzi più che popolari hanno ben poca concorrenza con gli altri capoluoghi italiani.

Il centro storico di Palermo rispecchia ancora l’impianto medievale e non è difficile orientarsi. Palermo dipone di un buon servizio di autobus e ha anche la metropolitana, ma il centro storico, seppur non piccolissimo, si gira molto bene a piedi.

Per visitare la città può essere pratico fare riferimento all’antica suddivisione nei quattro grandi quartieri divisi dal Corso Vittorio Emanuele e da Via Maqueda, sulle quali si affacciano grandi palazzi storici e molti negozi. Il punto di intersezione di queste due grandi strade perpendicolari è lo slargo chiamato dei Quattro Canti, una piazza circolare in stile barocco chiamata anche “Teatro del Sole” perché il sole è sempre visibile. La piazza è delimitata dalle facciate concave dei palazzi che danno sull’incrocio e situati ai quattro angoli; davanti a ogni facciata c’è una fontana e nelle nicchie di ogni facciata altrettante statue rappresentano le stagioni, i re spagnoli di Sicilia e le sante patrone dei quartieri di appartenenza, quelli alle spalle di ogni palazzo.

I quattro quartieri sono la Vucciria, a est di via Maqueda e a nord di Corso Vittorio Emanuele, la Kalsa, sullo stesso lato di via Maqueda ma a sud del Corso, così come l’Albergheria che si trova però a ovest rispetto a via Maqueda, e infine il Capo, nella zona nord ovest del centro rispetto ai Quattro Canti. Ovviamente non si tratta di divisioni rigide, ma sono molto comode per orientarsi.

A pochi passi dai Quattro Canti si trova Piazza Bellini che ospita una di fronte all’altra la chiesa di San Cataldo, le cui cupolette rosse richiamano le prime suggestioni del passato arabo della città, e la chiesa della Martorana, di epoca normanna ma con ritocchi barocchi. La chiesa e il suo campanile sono molto belli: le pareti e le colonne della cupola centrale sono decorate con mosaici bizantini a sfondo dorato che riflettono i raggi solari che entrano dalle finestre creando un vero spettacolo. La chiesa però è conosciuta anche per l’antica tradizione pasticcera che vuole il suo convento come luogo di nascita della frutta martorana, le sculture di pasta di mandorle dalla forma e dai colori di frutta e verdura prodotte dalle suore del convento fino a metà del Novecento, di cui hanno raccolto l’eredità le tante pasticcerie palermitane e isolane.

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Auto Archives – Sicilia Turismo


Come arrivare in Sicilia in auto

Dal Nord Italia la Sicilia si raggiunge con la A1 fino a Napoli, a pagamento (esempio: Milano-Napoli 770 km ); da Napoli la A3 porta fino a Villa San Giovanni e Reggio Calabria (497 km; senza pedaggi…


Come muoversi in Sicilia in auto e moto

Due o quattro ruote saranno un mezzo indispensabile se volete visitare zone diverse della Sicilia e siti archeologici, che in molti casi si trovano in posizioni isolate e mal servite dai servizi pubb…


Muoversi in Sicilia

La Sicilia è una delle isole più grandi del Mediterraneo e le distanze tra una città e l’altra richiedono, anche in alcuni casi alcune ore di viaggio in automobile o in autobus, di più se si sc…

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La Vucciria a Palermo – Sicilia Turismo

Situata ad est di Via Roma e a nord di Corso Vittorio Emanuele, è conosciuta soprattutto per il suo mercato, uno dei must se si ricerca il “pittoresco”, “vivace”, “tipico” ecc. In effetti la sua posizione, in una piazzetta chiusa da cui si diramano stradine tortuose animate dalle bancarelle fin dalle prime ore del mattino, dà al mercato della Vucciria quel surplus scenografico che manca agli altri mercati storici della città (Ballarò, Porta Carini/Il Capo), seppur forse mantenutisi ancora più autentici.

Uscendo dai vicoli della Vucciria in direzione nord si sbuca dietro la chiesa settecentesca di San Domenico, in posizione leggermente rientrata rispetto a Via Roma; di fronte alla chiesa la pasticceria omonima serve ottimi cannoli. Il complesso ospita il Museo del Risorgimento e l’Oratorio del Rosario di San Domenico, mentre più avanti lungo la via ma sull’altro lato della strada, la chiesa di Sant’Ignazio all’Olivello ospita nell’ex convento adiacente il bellissimo Museo Archeologico Regionale, che raccoglie reperti e manufatti rinvenuti in tutti i più importanti siti neolitici, cartaginesi, greci e romani dell’isola.

A est di Via Roma e del mercato si trova la zona della Cala, il vecchio porto cittadino che adesso funge da porticciolo turistico; la zona intorno a questa insenatura è piuttosto degradata, ma è stato recentemente presentato un piano regolatore per il recupero urbanistico dell’intera area, fortemente colpita dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.

Chiesa di San Domenico

  • Piazza San Domenico, 1
  • Orari: Feriali: 09:00-11:00
  • Sab. e festivi: 17:00-19:00
  • Per informazioni: Tel.: 091 32 95 88

Museo del Risorgimento

  • Piazza San Domenico, 1
  • Orari: Lun., mer., ven.: 09:00-13:00
  • Biglietti: Ingresso gratuito
  • Per informazioni: Tel.: 091 58 27 74

Museo Archeologico Regionale

  • Via Bara all’Olivella, 24
  • Orari: Da mar. a ven.: 08:30-13:45; 15:00-18:45
  • Lun., sab. e dom.: 08:30-13:45

Per informazioni:

  • Tel: 091 61 16 805 / 091 61 16 806 / 091 61 16 807
  • Fax: 091 61 10 740
  • E-mail: urpmuseopa@regione.sicilia.it

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