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Partenza di Mosè per l’Egitto –

La scena, in parallelo con il Battesimo di Cristo posta di fronte, mostra la partenza di Mosè, vestito sempre di giallo e verde per l’Egitto, dopo aver ricevuto l’ordine di Dio di allontanarsi dalla terra di Madian.

Sullo sfondo della scena, nella parte centrale, si vede Mosè che si congeda dal suocero Ietro, vestito con una tonaca celeste. Sullo sfondo è raffigurata la terra di Madian, con i pastori danzanti sulla parte sinistra. Il paesaggio è caratterizzato dalla presenza di una vegetazione particolare, caratterizzata da alberi eleganti, palme, ecc.

In primo piano si vede Mosè seguito dalla carovana che sulla strada per l’Egitto incontra un Angelo, il quale gli ordina di circoncidere il secondogenito, raffigurato alle destra di Mosè. Nella terza scena sovrapposta, all’estrema destra si vede Mosè che incontra Sefora.

Alla realizzazione dell’opera contribuirono importanti aiuti, tra i quali spicca la mano del Pinturicchio.

Foto: www.frammentiarte.it

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Pietro Perugino –

Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino o come Pietro Perugino, nacque a Città della Pieve nel 1450 circa.

Il padre, Cristofano Vannucci, indirizzò Pietro alla pittura sin dalla tenera età. In seguito alle prime esperienze di formazione artistica presso una bottega locale nella città natia, nel 1467, si trasferisce a Firenze, dove ebbe la prima vera formazione presso la scuola di Andrea Verrocchio.

Nella bottega fiorentina Pietro apprende l’arte della pittura a olio e a fresco, concludendo l’apprendistato nel 1472.

Giunge a Roma nel 1479 dove su commissione di Sisto IV dipinge l’abside della Cappella della Concezione della Basilica Vaticana.

L’opera ebbe notevole successo, tanto che il pontefice gli affidò la decorazione della parete di fondo della Sistina. L’artista fu raggiunto pochi mesi dopo, nel 1481, dagli altri artisti fiorentini inviati da Lorenzo il Magnifico.

Gli affreschi sulle pareti della Sistina, Nascita e ritrovamento di Mosè, Assunta con Sisto IV inginocchiato e la Natività di Cristo vennero distrutti, alcuni dei quali per far posto al Giudizio Universale dipinto decenni più tardi dal Michelangelo.

Sulla parete sud, dove sono dipinte le Storie di Mosè, è presente l’affresco Partenza di Mosè per l’Egitto. Sulla parete sud dove è raffigurata le Storie di Cristo, sono presenti due affreschi: Battesimo di Cristo e la Consegna delle Chiavi.

Foto: www.theitaliantouch.org

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Pietro Perugino Archivi – La Cappella Sistina e i Musei Vaticani

Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino o come Pietro Perugino, nacque a Città della Pieve nel 1450 circa. Il padre, Cristofano Vannucci, indirizzò Pietro alla pittura sin dalla tenera e…

La scena, in parallelo con il Battesimo di Cristo posta di fronte, mostra la partenza di Mosè, vestito sempre di giallo e verde per l’Egitto, dopo aver ricevuto l’ordine di Dio di allonta…

Al centro della scena, in secondo piano, si vede il fiume Giordano, mentre in primo piano sono posti Giovanni Battista nell’atto di battezzare Gesù, mentre sul capo di quest’ultimo si ved…

“Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni Giovanni il Batt…

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Giudizio Universale di Michelangelo –

È Buonarroti, il generoso, altero
Uom che a l’aspetto sol parve mortale;
A cui non puote l’invido straniero
Ingegno contrappor di merto eguale;
È Buonarroti, che il tremendo e fiero
Si apparecchia a ritrar giorno finale,
E con la mente di terror ripiena
Guarda la grande paurosa scena.

(brano tratto da “Michelangelo che concepisce il Giudizio Universale”,
di Giannina Milli, Firenze, Le Monnier 1858)

Il Giudizio Universale è un affresco della Cappella Sistina in Roma situato sulla parete retrostante l’altare, progettato e realizzato da Michelangelo Buonarroti tra il 1533 e il 1541, su commissione di Clemente VII e concluso durante il pontificato di Paolo III.

La realizzazione di un’opera così grande, 13,7 metri per 12,2, richiese mesi di preparazione, dalla predisposizione delle bozze alla costruzione dell’impalcatura.

Michelangelo affrontò notevoli inconvenienti: la modifica dell’inclinazione della parete, che doveva essere angolata verso l’interno in modo tale da evitare il deposito di polvere durante le fasi di realizzazione e la presenza di precedenti affreschi, quali quelli del Perugino, i quattro dei pontefici a lato delle due finestre e le lunette affrescate dallo stesso Michelangelo circa vent’anni prima. Opere che dovevano essere distrutte per far posto all’immenso affresco.

Un’opera così imponente metteva alla prova il sessantenne maestro che tuttavia preferì lavorare da solo, opponendosi al tentativo di Sebastiano del Piombo di lavorare ad olio. I lavori preparatori e la costruzione del ponteggio furono molto lunghi tant’è che si protrassero fino ad aprile del 1536, ritardi che furono dovuti soprattutto a causa delle dispute con il Del Piombo.

La demolizione del precedente strato di intonaco avvenne il 25 gennaio del 1536 sul quale venne applicato lo strato di mattoni.

Volendo ripartire il Giudizio Universale in tre grandi fasce orizzontali, si vedono: le lunette nella parte superiore, sinistra e destra; la parte centrale con il Cristo benedicente al centro; la zona inferiore con gli angeli annunciatori e l’inferno.

Le lunette presentano i simboli della passione di Cristo, in quella di sinistra è raffigurato l’Arcangelo Gabriele (?) con i capelli biondi che regge sulle spalle la croce; in basso, invece, vediamo una formazione di quattro apteri (angeli senza ali), tra i quali emerge il primo sinistra che ha tra le mani la corona di spine.

I volti e i corpi degli angeli sono illuminati e vestiti con colori accessi con gli sguardi rivolti tra il centro del dipinto e lo spettatore.

Nella lunetta di destra del Giudizio Universale sono raffigurati cinque apteri che innalzano la Colonna della flagellazione ai quali accorrono in aiuto altri tre.

Notiamo un aptero alla destra della colonna nell’atto di raggiungerla con in mano il bastone su cui fu posta la spugna per l’aceto. Sullo sfondo un’altra figura che regge la scala utilizzata per deporre il Cristo sulla croce.

La parte centrale del Giudizio presenta in primo piano il Cristo benedicente con la Vergine alla sua destra attorniato dai Santi, Apostoli, Profeti, Sibille e Martiri.
Partendo da sinistra una delle figure poste in primo piano, secondo alcune ipotesi, è Niobe (o Eva o la Chiesa) (?) vestita con una veste verde ai cui piedi è raffigurata una donna.

Proseguendo verso il centro, si vedono San Giovanni Evangelista (o Adamo), di spalle Sant’Andrea (lo si riconosce dalla croce che regge con la mano destra), seguono la Vergine ed il Cristo.
Ai piedi di quest’ultimo, a sinistra, troviamo San Lorenzo con una scala, mentre a destra San Bartolomeo, che con la mano destra regge un coltello e con la sinistra la sua pelle, l’autoritratto anamorfico di Michelangelo.

Sempre alla sinistra del Cristo troviamo con la barba bianca San Pietro con in mano le chiavi del Paradiso e vicino San Giovanni Battista (?), infine si distingue all’estrema destra Cireneo che sorregge una croce.

In basso a quest’ultimo un gruppo costituito da Disma, San Sebastiano, Mosè, San Biagio e Santa Canterina.

La parte inferiore del Giudizio Universale si suddivide in due sottoscene, la prima con gli angeli annunciatori, ed in basso lo scenario infernale. Al centro, con la tromba l’Arcangelo Michele che sfoglia il Libro degli eletti.

8:2 Poi vidi i sette angeli che stanno in piedi davanti a Dio, e furono date loro sette trombe.
8:3 E venne un altro angelo con un incensiere d’oro; si fermò presso l’altare e gli furono dati molti profumi affinché li offrisse con le preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro posto davanti al trono.
8:4 E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio insieme alle preghiere dei santi.
8:5 Poi l’angelo prese l’incensiere, lo riempì del fuoco dell’altare e lo gettò sulla terra. Immediatamente ci furono tuoni, voci, lampi e un terremoto.
8:6 I sette angeli che avevano le sette trombe si prepararono a sonare.”

Sulla sinistra si vede l’ascesa di questi, mentre a destra si trova la rappresentazione dell’Inferno, sullo sfondo di un cielo rosso di fiamme.

Caronte impugna dei remi e insieme ai demoni percuote e obbliga a scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti a Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente.

11:10 Gli abitanti della terra si rallegreranno di loro e faranno festa e si manderanno regali gli uni agli altri, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
11:11 Ma dopo tre giorni e mezzo uno spirito di vita procedente da Dio entrò in loro; essi si alzarono in piedi e grande spavento cadde su quelli che li videro.
11:12 Ed essi udirono una voce potente che dal cielo diceva loro: “Salite quassù”. Essi salirono al cielo in una nube e i loro nemici li videro.”
(Tratto da l’Apocalisse di Giovanni, Nuovo Testamento)

L’affresco si presenta come un complesso fermo immagine così come raccontato dalle Sacre Scritture, immediato si pone davanti agli occhi dello spettatore il contrasto tra il sublime dell’alto dei cieli e l’ambiente blasfemo dell’inferno.

Intensa è la reazione dello spettatore alla brutalità dell’immagine: la disperazione e l’angoscia sul volto dei dannati, la costrizione fisica che percuote le carni di chi già conosce il suo infausto destino, la consapevolezza del dovere di arresa alla scelta di Dio.

14:6 Poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo, recante il vangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, a ogni nazione, tribù, lingua e popolo.
14:7 Egli diceva con voce forte: “Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque”.
14:8 Poi un secondo angelo seguì dicendo: “Caduta, caduta è Babilonia la grande, che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua prostituzione”.
14:9 Seguì un terzo angelo, dicendo a gran voce: “Chiunque adora la bestia e la sua immagine, e ne prende il marchio sulla fronte o sulla mano
14:10 egli pure berrà il vino dell’ira di Dio versato puro nel calice della sua ira; e sarà tormentato con fuoco e zolfo davanti ai santi angeli e davanti all’Agnello”.
14:11 Il fumo del loro tormento sale nei secoli dei secoli. Chiunque adora la bestia e la sua immagine e prende il marchio del suo nome, non ha riposo né giorno né notte.
14:12 Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.
14:13 E udii una voce dal cielo che diceva: “Scrivi: beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono”.”
(Tratto da l’Apocalisse di Giovanni, Nuovo Testamento)

La differenza di espressioni e di immagini rende ancor più chiara la rappresentazione del giudizio universale. Emblematico è lo sforzo delle anime, poste sulla sinistra ed ancora sulla terra, di salire al cielo al fianco del Singnore.

Foto: www.arte.it

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La volta della Sistina di Michelangelo –

La cappella è alta circa 20 metri e presenta una volta a botte ribassata di 5 mila mq.

I lavori ornamentali iniziarono nel 1508 e la decorazione, che inizialmente prevedeva solo dodici figure, realizzate interamente da Michelangelo, al termine dell’opera (13 ottobre del 1512) ammontavano a più di trecento.

La struttura architettonica della volta complicava il lavoro decorativo e venne pertanto costruita una impalcatura di legno complementare alla concavità della volta che costringeva il maestro a lavorare in una posizione scomoda, in alcuni casi stesa.

Per semplificarsi il lavoro, Michelangelo utilizzò la tecnica della quadratura tramite la quale dipingeva una falsa architettura costituita da cinque grandi archi delimitati da cornici ed architravi ed ornati da capitelli e statue. Tale tecnica gli permise di frazionare la volta in tre registri sovrapposti e la parte centrale in nove riquadri.

Michelangelo impiegò inoltre la tecnica del colore cangiante, un procedimento pittorico che consentiva di definire i volumi senza ricorrere al colore chiaroscuro, utilizzando invece straordinari bagliori e accensioni dati da un colore luminoso e squillante.

Le decorazioni della volta contengono la rappresentazione di sette profeti e cinque sibille sedute su troni, fiancheggiati da pilastrini sorreggenti una cornice delimitante uno spazio centrale suddiviso in senso longitudinale dalla continuazione delle membrature architettoniche.

Ai lati dei troni, aventi la forma di possenti arconi, vengono rappresentate nove storie della Genesi.

Tra un trono e l’altro vi sono figure di ignudi che reggono ghirlande di foglie di quercia e medaglioni bronzei. Nelle lunette e nelle vele, che le raccordano alla volta sono rappresentate le quaranta generazioni degli antenati di Cristo.

I Profeti sono: Giona, Isaia, Ezechiele, Daniele, Geremia, Zaccaria, Gioele (raffigurati nelle soto da sinistra verso destra); secondo autorevoli critici rappresenterebbero i sette doni dello Spirito Santo.

I sette profeti e le cinque sibille sono posti in modo alternato di fronte ai Profeti, Giona, Geremia messo di fronte a Libica, Persica posta di fronte a Daniele, Ezechiele dinanzi alla Cumana, Eritrea di fronte a Isaia, Gioele di fronte a Delfica, ed infine, Zaccaria.

Le Sibille sono: Persica, Libica, Eritrea, Delfica, Cumana (nelle foto da sinistra verso destra).

Quasi tutte le Sibille sono raffigurate nell’atto di annunciare, mentre Geremia si presenta assorto nei suoi pensieri. Daniele invece è intento a scrivere il suo Libro. Il Profeta Giona viene invece rappresentato con lo sguardo rivolto verso l’alto e alle sue spalle un grande pesce, teso a ricordare le vicende legate alla salvezza in mare.

Le storie della Genesi che si susseguono in ordine cronologico, partendo dall’ingresso nella zona laica sono: la Separazione della luce dalle tenebre, Creazione degli astri, Separazione delle acque, Creazione di Adamo, Creazione di Eva, Peccato originale, Sacrificio di Noè, Diluvio universale, Ebbrezza di Noè. Le Sibille sono in tutto cinque: Eritrea, Delfica, Libica, Persica, Cumana.

Nella alla Separazione della luce dalle tenebre predominante è la figura di Dio che si erge in volo avvolto da un ampio mantello rosato ed è raffigurato all’atto della creazione del mondo. Il corpo roteante, le mani e il volto protesi verso l’alto raffigurano l’immagine di un Dio ordinatore che crea bagliori di luce che annientano l’oscurità delle tenebre.

Si nota una predominanza di colori freddi e violacei simboleggianti le tonalità delle celebrazioni dell’Avvento e della Quaresima.

La Separazione della luce dalle tenebre va letta in rapporto alle figure della Creazione degli astri e la Separazione delle acque dalla terra che insieme simboleggiano la creazione del mondo.

Lette insieme sembrerebbero, secondo alcuni, rappresentare l’immagine della Trinità, secondo altri invece è più probabile leggervi un’allegoria sant’agostiniana legata all’operosità della chiesa nel mondo (acque e terra), alla venuta di Cristo (astri e piante) e al giudizio universale (tenebre e luce).

Nella Creazione degli Astri l’immagine di Dio è ancora più maestosa. Inserita la figura in uno sfondo di cielo luminoso, le sue membra si spalancano all’atto della creazione. Le vesti, i capelli e la barba appaiono scompigliati da un vento impetuoso simboleggiante la grandezza divina. Il braccio è alzato e sfiora leggermente un sole.

A questa immagine segue quella della Separazione della terra dalle acque, in cui il Creatore fluttua sopra le acque accompagnato da una compagine di angeli che gli reggono il mantello rosato.
Anche qui le braccia sono aperte in un gesto eloquente ed imperioso, i colori sembrano attenuarsi e l’immagine appare più semplificata, segno dell’ordine che l’Eterno ha dato al caos.

La Creazione di Adamo è la scena in cui il divino e l’umano si incontrano in un conteso di luci ed ombre che dispiegano l’immensità della creazione. Il sogno ascetico dell’uomo che finalmente incontra Dio chiarisce il motivo per cui, chiunque osservi la figura ne rimanga misticamente incantato.
Adamo appare disteso e con il braccio appoggiato sulla terra appena creata con la mano rivolta verso il Divino fino a toccargli le dita.

L’eterno si presenta quasi in volo, accompagnato da angeli. L’emozionante impatto della figura è dato dalla posizione protesa di Dio verso l’uomo, quasi ad indicare un desiderio divino di contatto con la propria creatura.

Dalle rappresentazione emerge la riluttanza di Michelangelo alle concezioni della prospettive di stile rinascimentale e la rappresentazione di gruppi leonardeschi di figure, articolati secondo ritmi armoniosi e unificati.

Adotta invece la concezione delle basi della scultura classica: la figura singola, associata ad un elemento architettonico. Egli infatti più che pittore amava definirsi uno scultore tant’è che nelle sue opere sembrerebbe voler imprimere una visuale tridimensionale alle figure esaltando il moto delle torsioni e il plastico delle masse dei giganteschi corpi, tendendo ad idealizzare i personaggi e a far loro assumere un significato spirituale universale: divengono simboli delle forze primigenie della natura e del destino dell’uomo.

Segue la Creazione di Eva, posta al centro della volta, in cui sono raffigurati insieme Adamo, Eva e l’Eterno. Adamo, disteso sul lato sinistro dell’immagine, appare dormiente, mentre Eva in una posizione di reverenza viene invitata dal Signore ad alzarsi. In questa scena Adamo ed Eva sono raffigurati giovani.

Nella scena successiva del Peccato originale, i due sono raffigurati da adulti e l’affresco è diviso in due metà dall’Albero della vita in cui da un lato si consuma l’atto del peccato, dall’altro lato è raffigurata la cacciata dal paradiso.
Gli ultimi tre riquadri raffigurano il Sacrificio di Noè, Diluvio universale, Ebbrezza di Noè.

Lo stile di Michelangelo è dotato di na meravigliosa forza espressiva, che viene scandita in un’ampia tendenza statuaria ed un forte dinamismo. La stupefacente perfezione dei dettagli è ottenuta con accurati ed approfonditi studi dell’anatomia umana.

Nei riquadri della Genesi appare la figura dell’Eterno, dove Michelangelo unisce le sembianze umane con l’energia delle forze primordiali dell’Universo.

Agli angoli quattro pennacchi narrano quattro episodi del miracoloso salvataggio del popolo di Israele.

Nel pennacchio di Giuditta e Oloferne, è raffigurata la scena della decapitazione di Oloferne, il cui corpo è disteso sul letto, mentre Giuditta, di spalle, è posta nell’atto di coprire la testa mozzata con un panno posta su un vassoio retto dalla serva.

In Davide e Golia, Davide viene raffigurato nell’atto di uccidere Golia, posto a cavalcioni sulle spalle di quest’ultimo e con lo sguardo rivolto verso due soldati che assistono alla scena. Da notare la differenza di proporzioni tra i due personaggi biblici.

La Punizione di Aman, è divisa in tre diverse scene, nelle quali Aman, con l’abito di colore giallo, è presente. Partendo da destra vediamo Assuero che lo invita a prendere gli abiti regali per Mardocheo, seduto sulla soglia, mentre alla sua sinistra Ester rivela al sovrano la congiura. Al centro Aman viene punito ed issato sua una croce.

Nell’affresco del Serpente di bronzo, vediamo a destra gli Israeliti rei di aver offeso Dio e Mosè, sui quali si abbattono i serpenti velenosi inviati da quest’ultimi. Mosè impietosito forgia un serpente di bronzo per salvarli.

Gli Antenati di Cristo si trovano lungo le sedici lunette (due distrutte, quindi oggi quattordici) e le otto vele. Essi rappresentano le quaranta generazioni anteriori a Gesù secondo l’elenco del Vangelo di Matteo e simboleggiano la speranza e l’attesa dell’Incarnazione e della redenzione senza l’illuminazione divina dei Veggenti.

Lunette

Per approfondire, vedi la voce Lunette della Cappella Sistina su Wikipedia

  • Eleazar e Mattan
  • Giacobbe e Giuseppe
  • Achim ed Eliud
  • Azor e Sadoc
  • Zorobabele, Abiud ed Eliacim
  • Giosia, Ieconia e Salatiel
  • Ezechia, Manasse e Amon
  • Ozia, Ioatam e Acaz
  • Asaf, Giosafat e Ioram
  • Roboamo e Abia
  • Iesse, Davide e Salomone
  • Salmòn, Booz e Obed
  • Naasson
  • Aminadab
  • Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuda (perduta)
  • Fares, Esrom e Aram (perduta)
Vele
  • Vela sopra Asaf, Giosafat e Ioram
  • Vela sopra Zorobabele, Abiud ed Eliacim
  • Vela sopra Giosia, Ieconia e Salatiel
  • Vela sopra Ozia, Ioatam e Acaz
  • Vela sopra Ezechia, Manasse e Amon
  • Vela sopra Roboamo e Abia
  • Vela sopra Asaf, Giosafat e Ioram
  • Vela sopra Salmòn, Booz e Obed
  • Vela sopra Iesse, Davide e Salomone

Foto: michelangelobuonarrotietornato.com

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Domenico Ghirlandaio –

Domenico Ghirlandaio, pseudonimo di Domenico di Tommaso Bigordi nacque a Firenze nel 1449. Formatosi nella bottega di Alessio Baldovinetti trasse ispirazione anche dall’arte del Verrocchio e di Domenico Veneziano.

La sua prima opera di rilievo, gli affreschi nella collegiata di San Gimignano, cappella di Santa Fina, rileva già il suo stile personale, caratterizzato da interesse per la rappresentazione della natura e predilezione per il racconto aneddotico, sovente inquadrato in uno scenario prospettico grandioso.

A Roma, nel 1481, il Ghirlandaio eseguì due affreschi per la Cappella Sistina, la Vocazione dei primi Apostoli e la Resurrezione, quest’ultima molto danneggiata già ai tempi di Vasari.

Foto: biografieonline.it

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Domenico Ghirlandaio Archivi – La Cappella Sistina e i Musei Vaticani


Domenico Ghirlandaio

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Vocazione dei primi Apostoli

L’affresco è diviso in tre scene sovrapposte, che si sviluppano in due piani. In secondo piano sulla sinistra si vede Gesù, sulle rive del mare della Galilea, riconoscibile dalle vesti celeste …

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Discesa dal Monte Sinai –

L’affresco è posto sul registro mediano della cappella.

In alto, al centro del dipinto, si vede Mosè, vestito di una tunica dorata, inginocchiato sul monte Sinai, mentre riceve le Tavole della Legge da Dio, in basso Giosuè dormiente e vestito di con una tunica blu. Il Signore appare in una nube circondato da angeli e proteso verso Mosè nell’atto di consegnare le Tavole.

In basso a sinistra, la scena, raffigura Mosè che con ambo le mani sostiene le Tavole e le mostra al popolo d’Israele, alle spalle sempre Giosuè. In primo piano al centro del dipinto Mosè con il braccio destro sollevato rivolto verso l’altare del vitello d’oro posto alla sinistra.

In secondo piano sulla destra è raffigurata la punizione degli idolatri e la consegna delle nuove tavole.

Foto: it.wikipedia.org

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Artisti e Opere Archivi – La Cappella Sistina e i Musei Vaticani

Il primo intervento di Michelangelo alla Sistina fu apportato in seguito all’apertura di una grande crepa dovuta all’instabilità del terreno che provocò ingenti danni al cielo stellato di…

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Sandro Filipepi nasce a Firenze, in borgo Ognissanti, nel 1445, da Mariano di Vanni d’Amedeo Filipepi, conciapelli, e da Smeralda, sua moglie. E’ l’ultimo di quattro figli. La vita …

L’affresco misura 345,5 x 555 cm, fu eseguito tra il 1480 ed il 1482. La raffigurazione di alcuni episodi tratti dal Testamento si collega alle Storie di Mosè, attraverso il quale si vuole evid…

L’affresco misura 348,5 cm per 558 cm, venne realizzato tra il 1481 ed il 1482. La scena presente alcuni episodi del giovane Mosè, tratti dal Libro dell’Esodo. Per comprendere l’ope…

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Cenni Storici –

La Cappella Sistina fu costruita tra il 1475 e il 1481 per volere di Sisto IV (al secolo Francesco della Rovere), da cui prese il nome, salito al soglio pontificio quattro anni prima. La Sistina, oltre ad ospitare i grandi capolavori di Michelangelo, Botticelli, Ghirlandaio ecc è una delle tre Cappelle Papali del Palazzo Apostolico Vaticano.

Essa è conosciuta anche per essere l’importante sede del conclave (dal latino cum clave, cioè “chiuso con la chiave”), l’assemblea dei cardinali che si riunisce per l’elezione del nuovo papa.

Il XIII ed il XIV furono secoli segnati da guerre civili e conflitti per l’affermazione dei privilegi ecclesiastici e la difesa contro le prevaricazioni straniere. Il susseguirsi di continue lotte portarono a spostare la sede della Chiesa da Roma ad Avignone da cui prende il nome il periodo “cattività aragonese”.

Si comprende il motivo per cui gli edifici furono lasciati in uno stato di totale abbandono e come fosse necessario avviarne la restaurazione.

  • Sisto IV

    Con Sisto IV venne avviato un programma di restauro e di edificazione dei monumenti dello Stato della Chiesa, il quale, in seguito alle vicende storiche che segnarono la riaffermazione del potere papale, aveva bisogno di nuove sedi per rappresentare il prestigio del pontefice.

    La cappella palatina del Palazzo Apostolico (la Cappella Magna) necessitava di interventi tali da renderla all’altezza della Maiestas papalis.

    Sisto IV decise quindi di far costruire una nuova cappella in cui potessero svolgersi le cerimonie e le liturgie più importanti e fosse in grado di accogliere l’intera corte papale.
    La costruzione venne avviata solo quattro anni dopo l’elezione del pontefice e la direzione dei lavori fu affidata a Giovannino de’Dolci.

    Il progetto architettonico della Sistina venne affidato in origine a Baccio Pontelli, architetto fiorentino. Come confermato anche dagli scritti del Vasari, Baccio Pontelli (nel Vasari Pintelli, ndr) era considerato un ottimo architetto e a dimostrazione della sua bravura ebbe numerosi incarichi dalla Santa Sede ed in particolare da Sisto IV che gli commissionò il restauro di alcune importanti Chiese e Rocche nei dintorni di Roma.

  • Perugino

    I primissimi interventi pittorici furono invece affidati a Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino, in quanto originario della provincia di Perugia. Prima del restauro della Cappella, il Perugino ebbe numerose commissioni da Sisto IV come ad esempio gli affreschi della Basilica vaticana, distrutti agli inizi del ‘600.

    Data l’esperienza del pittore, il pontefice decise allora di affidargli la decorazione della parete di fondo della Sistina.

    Tre anni dopo l’inizio dei lavori della Cappella, avviati nel 1477, il Perugino si mise all’opera. escludendo la Nascita e ritrovamento di Mosè, l’Assunta con Sisto IV inginocchiato, e la Natività di Cristo che andarono distrutte, la prima opera che menzioniamo è La consegna delle chiavi sulla parete del registro mediano della Cappella eseguita tra il 1481 ed il 1482.

    In seguito ad una serie di vicende politiche che interessarono i rapporti tra lo Stato della Chiesa e Firenze, Lorenzo il Magnifico volle attuare una politica di riappacificazione, sollecitando nel 1480, alcuni importanti artisti fiorentini tra i quali Botticelli, Rosselli, Ghirlandaio, a contribuire alla realizzazione delle decorazioni della Cappella.

  • Botticelli

    Botticelli partì da Firenze il 27 ottobre del 1480, all’artista furono assegnati tre episodi, eseguiti anche grazie all’aiuto dei collaboratori: Prove di Mosè, le Prove di Cristo e la Punizione di Qorah, Dtham e Abiram.
    Le decorazioni pittoriche della Cappella interessarono quindi solo le pareti, in quanto la volta venne realizzata da Michelangelo solo successivamente, dal 1536, quasi 60 dopo. Fino ad allora la volta era dipinta con un cielo stellato di Piermatteo d’Amelia.

    La parete sud venne affrescata tra il 1481 ed il 1482 con le opere di Botticelli (Prove di Mosè e la Punizione dei Ribelli); da Perugino (Partenza di Mosè per l’Egitto), in collaborazione con il Pinturicchio; da Cosimo Rosselli o Pietro Cosimo (Discesa dal monte Sinai); da Cosimo Rosselli o Domenico Ghirlandaio o Biagio di Antonio Tucci (Passaggio del Mar Rosso) ed infine da Luca Signorelli e Bartolomeo della Gatta (Testamento e morte di Mosè).

    La Parete nord mostra le opere di Perugino con il Battesimo di Cristo e la Consegna delle Chiavi; le Tentazioni di Cristo di Botticelli; la Vocazione dei primi apostoli del Ghirlandaio; il Discorso della montagna e l’Ultima Cena di Rosselli.

    Sulla Parete est, cioè la parete di ingresso, è presente la Resurrezione di Cristo di Van den Broeck, realizzata nel 1572 e la Disputa sul corpo di Mosè di Matteo da Lecce, del 1574.

    Gli Affreschi realizzati tra il 1480 ed il 1483 non rappresentano solo importanti e fondamentali eventi biblici, alcuni dei quali sono a fondamento della Chiesa stessa, ma pongono altresì in risalto il ruolo storico – politico del Vaticano in quegl’anni; il programma iconografico, infatti è teso a rappresentare sia l’antagonismo tra l’autorità papale ed i nemici interni alla Chiesa (ad esempio La punizione dei ribelli di Botticelli), sia l’affermazione del potere temporale dell’autorità pontificia (Consegna delle Chiavi).

    La consacrazione della Cappella avvenne il 9 agosto del 1483 con una celebrazione solenne in occasione dell’Assunzione della Vergine Maria, il dogma cattolico tramite il quale ci celebra l’assunzione della Vergine al Paradiso, infatti la cappella è dedicata alla Vergine Assunta in Cielo.

    Per circa vent’anni, durante i quali si succedettero i pontificati di Innocenzo VIII e Alessandro VI ed il brevissimo pontificato di 22 giorni di Pio III, la Cappella non subì nuovi o significativi interventi.

    Il 216º papa della Chiesa cattolica, Giulio II, noto come “il Papa guerriero” o “il Papa terribile“, salì al soglio di Pietro nel 1503. L’anno successivo, la volta della Cappella subì dei danni a causa di un inclinamento della parete meridionale, lasciando una notevole crepa sul soffitto.

  • Giulio II

    Giulio II è una figura di estrema importanza per lo sviluppo decorativo della cappella, come Sisto IV, volle incidere il suo nome nella storia della Sistina, la crepa sul soffitto fu quindi l’occasione per avviare nuovi interventi decorativi, conservativi e di restauro. Il pontefice nei primi anni del ‘500 era impegnato in una difficile campagna militare. Molto probabilmente fu l’architetto fiorentino Giuliano da Sangallo a raccomandare Michelangelo Buonarroti a Giulio II, informandolo delle grandi opere che aveva compiuto a Firenze, ricordiamo che il David fu terminato solo due anni prima dell’elezione di Giulio II.

  • Michelangelo

    Michelangelo, che oltre ad essere uno sculture era anche un esperto pittore, fu chiamato a Roma nel 1505, ed ebbe come primo incarico la costruzione del monumento funerario di Giulio II.

    Il pontefice dimostrava una forte predilezione per Michelangelo, che per la realizzazione del monumento ebbe accesso a numerosi fondi ed anticipi di denaro, ciò suscitava forti invidie e pressioni su Giulio II tese a dissuaderlo nel realizzare l’opera pre-mortem. Quando il maestro rientrò a Roma l’anno successivo, nel 1506, Giulio II non volle riceverlo in udienza, lasciando intendere l’abbandono del progetto.

    Michelangelo insistette per essere ricevuto, ma il Palafreniere gli negò l’accesso, il pittore rispose: «e tu dirai al tuo padrone che se da qui innanzi gradirà vedermi verrà altrove a cercarmi». [1]

    Sentendosi minacciato, «s’i’ stava a Roma penso che fussi fatta prima la sepoltura mia, che quella del papa» [2], fuggì verso Firenze il 18 Aprile, arrivando a Poggibonsi in Toscana. Il Papa inviò «cinque emissari, ma nè minacele nè preghi valsero a farlo retrocedere» [3].

    Solo dopo tre messaggi personali del papa alla signoria di Firenze e le continue pressioni del gonfaloniere Pier Soderini lo convinsero a tentare una riconciliazione. In qualità di Ambasciatore della Signoria, Michelangelo raggiunge il Papa a Bologna dove avvenne la riconciliazione, in quella sede ebbe l’incarico di fondere un ritratto in bronzo per la facciata della chiesa di San Petronio, l’opera venne terminata nel 1508 e sempre nello stesso anno tornò nuovamente alla corte papale.

    Il progetto del monumento funerario a Giulio II fu recuperato solo dopo la sua morte, nel 1513. Il pontefice volle avviare da subito i lavori decorativi della volta della Sistina. Il contratto venne firmato nel 1508.

    Per dipingere la volta della Cappella, alta oltre 20 metri, venne predisposta una particolare impalcatura in legno, ideata dallo stesso Michelangelo. In un secondo momento venne passata una prima mano di intonaco che però ammuffì, solo grazie all’intervento del collaboratore Jacopo l’Indaco il problema venne superato con la creazione di una nuova miscela più resistente all’umidità.

    Il 10 maggio, in seguito alla preparazione dei disegni e dei bozzetti, l’artista avviò la realizzazione degli affreschi, «Ricordo chome oggi questo di dieci di maggio nel mille cinque ciento octo io Michelagniolo schultore orricievuto dalla S. del nostro S. papa Julio sechondo duchati cinque ciento di chamera, e quali mi chontò messer Charlino cameriere e messer Charlo degli Albizzi, per chonto della pictura della volta della Chappella di papa Sisto, per la quale chomincio oggi al lavorare. Chon quelle chonditione e pacti che apariscie per una scricta facta da M. R. di Pavia essocto schricta di mia mano» [4]

    La decorazione venne completata il 13 ottobre del 1512. Michelangelo si oppose all’idea di dipingere solo 12 figure, come fu proposto dal pontefice, in uno scritto datato 1523 il maestro scrive: « […] papa Giulio missemi a dipingere la volta di Sisto, e facemmo e patti tremila ducati. E’l disegno prima di detta opera furono 12 apostoli nelle lunette, e’l resto un certo patimento ripieno d’adornamenti, come si usa […]»

    « […] Dipoi cominciai detta opera, mi parve riuscissi cosa povera, e dissi al papa, come facendovi gli Apostoli soli mi parea che riuscissi cosa povera. Mi domandò perché: io gli dissi, perché furon poveri anche loro. Allora mi dette nuova commessione ch’io facessi ciò che io volevo, e che mi contenterebbe, e che io dipingessi fino alle storie di sotto […] »

    Il programma iconografico prevedeva la rappresentazione di sette profeti e cinque sibille, alle quali si aggiunsero le altre 300 figure. Nelle lunette e nelle vele, sono rappresentate le quaranta generazioni degli antenati di Cristo. La complessa articolazione rispecchia la complessità del programma iconografico, studiato con i consiglieri dottrinari e con teologi della corte pontificia.

    Con molta probabilità Raffaello e Michelangelo lavorarono contemporaneamente, il primo nella sala della Segnatura, il secondo, alla volta della Sistina.

    Quattro mesi dopo la conclusione dei lavori della volta, nel febbraio del 1513, muore di febbre Giulio II, al quale gli successe Leone X. Il nuovo pontefice, al secolo Giovanni di Lorenzo de’Medici, si interessò alla Sistina donando alcuni arazzi, realizzati a Bruxelles su disegno di Raffaello, e raffiguranti le “Storie dei santi Pietro e Paolo”.

    Gli anni del 1522 e del 1523 furono caratterizzati da nuovi danni, tra i quali la caduta dell’architrave, nella quale rimase uccisa una guardia svizzera. I successivi interventi di consolidamento danneggiarono le Storie di Cristo e di Mosè, ridipinte da Van de Broeck e Matteo da Lecce.

    Dieci anni più tardi, nel 1534, papa Clemente VII commissionò a Michelangelo l’ultima grande opera della cappella, Il Giudizio Universale.

    L’affresco fu in gran parte realizzato durante il pontificato di Paolo III, in quanto, il predecessore morì il 25 settembre del 1534, a soli 56 anni e nello stesso anno, Michelangelo, in seguito ad una missiva del pittore Sebastiano del Piombo, fece ritorno a Roma. Paolo III fu un papa sensibile al mondo dell’arte, ed è considerato come uno dei maggiori mecenati del Rinascimento italiano.

    Michelangelo dovette affrontare due principali inconvenienti: la modifica dell’inclinazione della parete, che doveva essere angolata verso l’interno in modo tale da evitare il deposito di polvere durante le fasi di realizzazione. Il secondo era rappresentato dalla presenza degli affreschi del Perugino, dei dipinti dei quattro pontefici a lato delle due finestre, e delle lunette affrescate dallo stesso Michelangelo circa vent’anni prima. Opere che dovevano essere distrutte per far posto all’immenso affresco.

    Un’opera così imponente metteva certamente alla prova il sessantenne maestro, che tuttavia preferì lavorare da solo, scartando anche il tentavo di Sebastiano del Piombo di lavorare ad olio.
    I lavori preparatori, e la costruzione del ponteggio furono molto lunghi, si prolungarono fino all’aprile del 1536, ritardi che furono dovuti soprattutto a causa delle dispute con il del Piombo.

    La modalità di rappresentazione delle figure venne sottoposta a dure critiche da parte dei cardinali, inizialmente Michelangelo dipinge i corpi interamente nudi, suscitando l’opposizione del cardinale Carafa. Michelangelo morì il 18 febbraio del 1564, e circa un mese dopo, il 21 gennaio, il Concilio di Trento dispose con la bolla “Pictura in Cappella Ap.ca coopriantur” la copertura di tutte le parti intime delle figure nel Giudizio.

Bibliografia
  • [1] Sommario Storico delle Celebri famiglie toscane, compilato da Demostene Tribilli – Giuliani Cav. Luigi Passerini, Firenze, Lorenzo Melchiorri Editore, 1855
  • [2] Michelangelo scultore, Umberto Baldini, Rizzoli, 1973
  • [3] cit. in Demostene Tribilli – Giuliani Cav. Luigi Passerini
  • [4] Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori, Giorgio Vasari, Volume XII, Firenze, 1856

Foto: www.italnews.info

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