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Mdina – Malta Turismo

Situata sulle alture centro-occidentali a 190 m di altezza, l’antica capitale, densa di storia, è la città con il tessuto urbano medievale più intatto e meglio conservato dell’isola, con begli esempi di architetture normanne e con minimi interventi urbanistici dell’epoca dei Cavalieri.

Le principali cose da vedere sono:

  • Main Gate, la porta principale della città, in stile barocco;
  • Palazzo Vilhena, (Palazzo dei Gran Maestri), adesso sede del Museum of Natural History;
  • Villegaignon Street, il principale asse viario della città;
  • St. Pawl Cathedral, il miglior esempio di barocco maltese.

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Cosa vedere Archives – Malta Turismo

Molte zone di Malta sembrano una sorta di musei all’aperto. I siti più importanti e misteriosi risalgono a 5000 anni fa, ma l’epoca più affascinante è quella dei Cavalieri di San Giovanni, durante la…

Valletta, la città dei Cavalieri Situata sulla penisola di Sceberras, che separa in due bacini l’articolato sistema di cale e baie costituenti a nord-ovest Marsamxett Harbour e a sud-est Grand Harbou…

Comino, piccola isola fra le più grandi Malta e Gozo, deve il suo nome al finocchio selvatico (cumino), una delle poche piante che vi riescono a crescere. L’isoletta è lunga 2,5 Km e larga 1,5 Km. In…

L’Isola di Gozo è ancora più piccola di Malta (14km X 7km), il che porta a pensare che sia sufficiente un solo giorno per visitare i suoi villaggi e le sue attrattive, ma un tempo così limitato non l…

Si trova all’estremità nord di Victoria (Rabat), la capitale di Gozo, nel punto più alto della città; vi si arriva attraverso una ripida salita. E’ un’antica e compatta fortificazione, nella quale si…

Le Dingli Cliffs si estendono per oltre 5 Km lungo la costa a sud dell’abitato di Dingli a una quota media di 250 m sul mare blu nel quale precipitano a strapiombo solo in pochi punti: per la maggior…

Situata sulle alture centro-occidentali a 190 m di altezza, l’antica capitale, densa di storia, è la città con il tessuto urbano medievale più intatto e meglio conservato dell’isola, con begli esempi…

St. Mary (la Rotunda): è una parrocchiale dedicata all’Assunzione, ritrova a Mosta, una delle più grandi città dell’isola, situata al centro di Malta. Questa chiesa è nota in tutta l’isola come Rotun…

I templi megalitici di Malta e Gozo: i templi, provenienti da civiltà ignote, sono documentati a partire dal 3800 a.C. e sono tutti caratterizzati da un’inconfondibile pianta con cellule lobate. Ecco…

La “finestra azzurra”, in maltese Tieqa Zerqa, è una arco naturalei cui pilastri sorgono dal mare e sono sormontati da un esteso e perfettamente orizzontale lastrone di pietra che complet…

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La Cittadella – Victoria – Gozo – Malta Turismo

Si trova all’estremità nord di Victoria (Rabat), la capitale di Gozo, nel punto più alto della città; vi si arriva attraverso una ripida salita.
E’ un’antica e compatta fortificazione, nella quale si entra attraverso un grande arco di pietra, aperto solo ne 1956 per consentire il passaggio alla statua della Vergine portata in processione il giorno dell’Assunta. Il portale immette direttamente nella piazza su cui sorge la cattedrale di Santa Maria (1697). Sempre nella piazza si affacciano il Tribunale (1620), il palazzo dei Governatori, e l’Arcivescovado (1642).

La Cittadella è circondata da bastioni e alte mura circolari, sia sul lato nord, verso la campagna, che su quello sud, verso la città.
Dalla cittadella, che si trova a 150 m sul livello del mare, proprio nel mezzo di Gozo, si gode di una spettacolare vista a 360° di tutta l’isola.

Di notte la Cittadella acquista un’atmosfera molto affascinante; le piccole vie sono praticamente deserte e sembra di proiettarsi indietro nel tempo, all’epoca dei Cavalieri.
Nei giorni che vanno più o meno dal 10 al 15 agosto si celebrano, in tutta Gozo, ma specialmente a Victoria e alla Cittadella, molte feste e sfilate in occasione della festa di Santa Maria, il giorno di ferragosto.

All’interno della Cittadella si trovano quattro musei: l’Archeological Museum; il Folklore Museum; il Natural History Museum e l’Armory.
Ingresso a pagamento;
estate: lunedì-sabato, ore 8.30-18.30;
domenica, ore 8.30-15;
altri periodi: lunedì-sabato, ore 8.30-16.30;
domenica, ore 8.30-15.

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Isola di Gozo – Malta Turismo

L’Isola di Gozo è ancora più piccola di Malta (14km X 7km), il che porta a pensare che sia sufficiente un solo giorno per visitare i suoi villaggi e le sue attrattive, ma un tempo così limitato non le renderebbe giustizia: è infatti necessario un ritmo più lento per apprezzare l’atmosfera rilassata che la contraddistingue.

L’ideale sarebbe iniziare dedicando una giornata a Victoria vedendo il maestoso Il-Kastell. Trascorrete il secondo giorno passeggiando, nuotando e facendo snorkelling a Dwejra, dopo una visita alla grandiosa Basilica di Tà Pinu. Poi ci sono i templi e le attrattive di Xaghra e la sabbia rossa di Ramla Bay, la spiaggia più grande di Gozo.

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Comino e la Blue Lagoon – Malta Turismo

Comino, piccola isola fra le più grandi Malta e Gozo, deve il suo nome al finocchio selvatico (cumino), una delle poche piante che vi riescono a crescere. L’isoletta è lunga 2,5 Km e larga 1,5 Km. In inverno è praticamente disabitata, l’unica costruzione presente è un albergo, che apre soltanto durante la stagione estiva.

Non esiste traffico e la natura regna incontaminata; sole, fiori, cespugli della macchia mediterranea, rocce e mare trasparente fanno di Comino un’oasi esclusiva.
Sul lato ovest l’isola forma, con la più piccola isoletta Cominotto, uno stretto canale conosciuto come Blue Lagoon, “Laguna Blu”, nome adatto ad indicare le acque turchesi di straordinaria limpidezza e magnifico colore presenti in questo luogo.

Chi ama il mare non può non innamorarsi di questo piccolo paradiso, che racchiude intorno a sé splendidi fondali, molto apprezzati dai subacquei.
Oltre alla Blue Lagoon, troppo affollata durante il periodo estivo per godersi la quiete fino in fondo, Comino offre anche altre spiagge e calette, di equivalente bellezza ma meno conosciute, che offrono lo stesso spettacolo, oltre che più spazio per il telo da mare!

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Hotel Archives – I Love Corsica

Hotel in Corsica

Per trascorrere le tue vacanze in Corsica ti proponiamo oltre 90 Hotel ed Appartamenti e grazie alla nostra collaborazione con Booking confermando la prenotazione attraverso di noi usufruirai della G…

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Prenota un traghetto per la Corsica – I Love Corsica

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Cape Corse Archives – I Love Corsica

Bastia

Prima di perdersi fra la macchia, i porticcioli e i villaggi di Cape Corse, merita senz’altro una sosta Bastia, che riunisce la vitalità di un trafficato porto alla pace di una cittadina che, racchiu…

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Specialità Gastronomiche in Corsica – I Love Corsica

Anche in ambito gastronomico la Corsica fa un po’ stato a sé, almeno rispetto alla terraferma francese, dove solitamente ci si affida a ricette elaborate e complesse; al contrario, in Corsica la freschezza e la semplicità sono considerate l’essenza della buona cucina e qualità e genuinità di cibi e bevande sono presi molto sul serio dai corsi; lo stesso sanguinoso assedio di Aléria, nel 1975, che vide uno scontro armato fra un commando dell’organizzazione ARC (Action Régionaliste Corse) e la gendarmérie francese, seppur sicuramente frutto dell’esplosione di noti e secolari sentimenti nazionalisti, ha avuto come pretesto lo scandalo di grosse partite di vino alterato con zuccheri e sostanze chimiche da parte di una ricca famiglia di viticoltori, al fine di raddoppiare la propria produzione vinicola.

Rivendicazioni violente a parte, in generale una grande attenzione al cibo ha sempre assicurato che gli standard dei ristoranti tradizionali siano rimasti nel tempo piuttosto elevati e i prezzi relativamente contenuti.

Diffidate dei menù completi finto-corsi proposti in estate da molti ristoranti turistici nelle località di villeggiatura, dove spesso l’autenticità dei piatti è a dir poco annacquata e il rapporto qualità/prezzo non è poi così conveniente, e preferite piuttosto un semplice piatto in un ristorante tradizionale, dove tra l’altro le porzioni sono in genere più abbondanti.

La carne la fa da padrona nella cucina isolana, a partire dalla famosa salumeria corsa, una delle più rinomate nel mondo per l’alta qualità delle carni lavorate, visto che provengono da una razza locale di maialetti selvatici che crescono in semilibertà nutrendosi dei frutti della macchia e di ghiande e castagne.

I salumi più conosciuti sono il prisuttu, prosciutto essiccato per 18 mesi, la coppa, il lonzu, filetto di maiale affumicato e conservato sotto uno strato di grasso, il figatellu e il fittonu, salsiccia di fegato che viene servita grigliata, il salamu, una salsiccia secca speziata, la salcicetta, da cuocere, la valetta, guancia, e infine, per la serie “del maiale non si butta via niente“, il fromage de tête, ricavato dalle cervella stagionate.

I piatti tipici corsi a base di carne comprendono gli stuffatti o stracotti di cinghiale, il capretto arrosto, il vitello con le olive e, durante la stagione di caccia invernale, il tianu o stufato di cacciagione.
Sulla costa si potranno gustare ottimi pesci e frutti di mare, dai ricci alla murena grigliata, alle sarde farcite al brocciu, oltre a triglie, spigole, orate e cernie, per non parlare delle aragoste del golfo di Saint-Florent o delle ostriche che si possono trovare nella costa orientale: in questo caso ovviamente i costi lievitano, ma la spesa per questo piccolo lusso sarà ben ripagata dalla freschezza e dalla qualità di crostacei e frutti di mare.
L’entroterra corso è percorso da diversi fiumi e torrenti incontaminati e sono dunque molto diffusi nella cucina corsa anche trote e anguille.

Ma i vegetariani non disperino! Non mancano certo frutta e verdure di stagione e i formaggi corsi sono rinomati almeno quanto i salumi. Il brocciu, forse il più conosciuto, è un formaggio fresco a base di latte di pecora o di capra e prodotto secondo una ricetta tradizionale. Il vero brocciu fresco si trova solo da dicembre a luglio e viene consumato sia dolce, con miele o marmellata o come ingrediente base di vari dessert, sia salato, mangiato in purezza o come ripieno di zucchine, cannelloni o delicate omelettes alla menta. Quello che troverete durante il resto dell’anno viene prodotto con latte in polvere o con conservanti che ne permettono il mantenimento nel periodo estivo e il suo sapore lascia quindi un po’ a desiderare; meglio approfittarne allora per assaggiare gli ottimi pecorini e caprini stagionati prodotti in molte zone dell’isola, alcuni dei quali sono molto saporiti e per nasi un po’ forti, altri più delicati.

Un altro ottimo piatto è la polenta, anzi la pulenta di castagne, che può essere servita o come accompagnamento a uno stracotto di carne o come dolce, fritta e ricoperta di zucchero. Con la farina di castagne si facevano anche minestre, frittelle e pane e negli ultimi anni c’è stata una vera riscoperta degli antichi sapori legati a questo frutto, che in passato è stato tanto prezioso per la sopravvivenza nell’isola.

Ovunque potrete trovare crêpes sia dolci che salate; queste ultime costituiscono un’ottima alternativa a un pranzo o una cena, così some le bastilles, torte salate con spinaci, cipolla o brocciu, o con tutti e tre gli ingredienti, e le quiches (altro must della cucina francese), torte salate preparate con una base di pasta brisée e riempiti con un composto di uova e panna a cui solitamente si aggiungono verdure o carne; bastilles e quiches si possono trovare anche nelle rosticcerie e nelle charcuteries, le salumerie, che offrono anche carne già cotta e altre preparazioni salate che vengono vendute a peso.

Nelle pasticcerie troverete una scelta molto ampia di dolci locali, come i beignets, frittelle di farina di castagne con un cuore morbido di brocciu, le torte di castagne, il fiadone, un flan a base di brocciu con limone e uova, che nei ristoranti viene inzuppato nel liquore e servito alla fiamma, i canistrelli, dolcetti secchi alle mandorle, alle noci, al limone o all’anice.
In Corsica si producono anche marmellate davvero speciali di fichi (con le varianti alle mandorle o alle noci), di arance, di limoni, di mandarini e di castagne, oltre a del miele eccellente, di cui sei varietà vantano il riconoscimento DOC (in francese AOC, Appellation d’Origine Contrôlée). Quello di fiori di macchia ha un profumo delicato, quello di castagno è ambrato e ha un profumo più intenso, ma tutti hanno una consistenza e un sapore da provare. In genere gli apicoltori vendono i loro prodotti direttamente lungo le strade, in prossimità delle loro proprietà, e spesso potrete comprare direttamente dai produttori anche le marmellate e altri prodotti tipici.

La Corsica si distingue per alcuni vini di ottima qualità, frutto della felice commistione di clima marittimo e profumi di macchia oltre che del sapiente lavoro dei viticoltori che riescono a ottenere ottimi raccolti dal suolo granitico corso riducendo drasticamente i pesticidi e utilizzando tecniche tradizionali. L’isola ha nove regioni AOC (fra le più note Patrimonio, Capo Corso, Sartène) e negli uffici del turismo potrete trovare l’opuscolo Route des Vins che elenca le migliori tenute di ogni zona e vi guiderà nei vostri tour di degustazione; le aziende vinicole, piccole o grandi che siano, accolgono con piacere i visitatori e se avete intenzione di portarvi a casa qualche sorso di Corsica è sicuramente preferibile comprare il vino direttamente dal produttore.

Troverete eccellenti vini sia rossi che bianchi, oltre ad alcuni rosée e a dei buoni e profumati moscati, in particolare nella zona di Capo Corso e Patrimonio, ma tenete presente che la quasi totalità dei vini prodotti in Corsica non è da invecchiamento e vanno gustati entro un anno, massimo due, dal loro imbottigliamento.
Come digestivi potete provare l’acquavite, pura o aromatizzata con prugne o ciliegie macerate, oppure un liquore di cedrata o di mirto, fabbricato in maniera artigianale da molte famiglie. Spesso questi liquori vengono offerti nei ristoranti alla fine dei pasti.

In Corsica si producono anche tre birre locali, che si difendono più che dignitosamente: la Pietra è una birra ambrata a base di castagne il cui sapore, purtroppo o per fortuna (dipende dai gusti) non è fortissimo, ma è comunque ottima; la Colomba, chiara e molto dissetante; la Torre, birra rossa il cui aroma richiama i profumi della macchia mediterranea.

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Storia della Corsica – I Love Corsica

La storia corsa è davvero un groviglio di conquiste, convivenze (più o meno pacifiche), colonizzazioni, occupanti e occupati, ma soprattutto, proprio in virtù di tutto questo, di forti aneliti indipendentisti. Riassumere i momenti principali di questa storia è complicato; magari può essere d’aiuto fare riferimento a quella che, forse anche più del moro con la benda alzata sopra gli occhi, rappresenta in maniera emblematica il vero stendardo della storia e della cultura corsa: quella lingua tanto più familiare a un genovese o a un gallurese che non a un parigino, decisamente più simile al ligure e al sardo che non al francese, ma con caratteristiche del tutto peculiari e che da secoli è testimone vivo e attivo dell’identità storica e culturale della Corsica.

Le origini degli antichi abitanti della Corsica sono da ricercare nell’Italia centro-settentrionale, forse in Toscana, da dove arrivarono nel VII millennio a.C.; costruivano i loro rifugi nelle caverne e sotto le scogliere, e vivevano di caccia, raccolta e pesca. Un migliaio di anni più tardi giunsero nuovi coloni che costruivano villaggi, coltivavano la terra e allevavano il bestiame secondo la pratica della transumanza, tuttora seguita da molti pastori corsi. Nel IV millennio a.C. arrivarono dall’Asia Minore e dall’Egeo coloro che furono i creatori delle costruzioni megalitiche dell’isola, dolmen e menhir spesso legati al culto della Dea Madre mediterranea; diversi gruppi di menhir sono stati rinvenuti nella regione di Sartène, a “protezione” delle tombe sotterranee in cui venivano sepolti i morti. Più tardi i menhir acquisirono forme e tratti umani: alcuni erano provvisti di spade o pugnali, su altri erano scolpite scapole o costole rudimentali e ogni statua era diversa dall’altra, forse una rappresentazione degli spiriti dei defunti o forse trofei di guerra, ognuno dei quali indicante un invasore sconfitto o scongiurato.

La maggior parte di queste misteriose figure di guerrieri è stata rinvenuta a Filitosa, attualmente uno dei siti archeologici più suggestivi di tutto il Mediterraneo.
Intorno al 1500 a.C. nuovi invasori, i misteriosi Torreani, erano sbarcati a sud e avevano stabilito la loro prima base vicino a Porto-Vecchio: si trattava probabilmente degli Shardana, un Popolo del Mare conosciuto per aver attaccato l’Egitto alla fine del II millennio a.C., e pare che fossero proprio loro gli invasori raffigurati nei menhir di Filitosa. A questi però sostituirono torri di pietra dal significato non meno criptico; all’interno di queste sono state rinvenute tracce di fuochi, probabilmente usati per cremare i morti o compiere sacrifici umani. Durante la colonizzazione gli isolani autoctoni furono costretti a spostarsi verso l’interno e infine a nord, dove poterono continuare a seguire le loro credenze e le loro usanze in pace.

Nel VI secolo a.C. iniziò una nuova ondata di occupazioni straniere: per primi arrivarono i profughi greci di Focea, che fondarono la prima grande colonia ad Aléria dedicandosi a una pacifica vita rurale e commerciale fatta di coltivazioni di viti e olivi e di commercio di metalli e cereali. Nel 535 a.C. i greci abbandonarono Aléria lasciandola in mano agli etruschi che, a loro volta, furono scacciati dai cartaginesi nel III sec. a.C.

Nel frattempo i romani avevano già posato gli occhi sulla Corsica e nel 259 a.C. ne iniziarono la conquista; la costa orientale venne ben presto colonizzata con la costruzione di diversi porti, ma, prima che anche l’ultimo angolo sperduto dell’interno dell’isola fosse loro sottomesso, i romani dovettero combattere per più di un secolo contro gli isolani ribelli, che fecero fronte comune con i cartaginesi per opporsi alla nuova occupazione.

La Corsica rimase una provincia dell’impero romano per oltre 500 anni di relativa stabilità, durante i quali sull’isola fu introdotto il cristianesimo. Con il crollo dell’impero romano, i vandali iniziarono a saccheggiare la costa. In seguito, l’annessione dell’isola all’impero bizantino non impedì l’occupazione degli ostrogoti e, più avanti, dei longobardi, che riuscirono ad annettere la Corsica nel 725, ritrovandosi però con una bella gatta da pelare: all’epoca infatti i villaggi costieri erano flagellati dalle frequenti incursioni ad opera dei mori saraceni, che riuscirono a ottenere il controllo di alcune zone costiere; durante i due secoli successivi i corsi nativi vennero confinati nell’interno, dove avevano sviluppato un sistema di governo feudale basato su comunità i cui capi, una volta eletti, puntavano con tutti i mezzi all’ereditarietà della loro carica. Pare che l’origine dell’importanza dei clan e della loro secolare rivalità in Corsica risalga proprio all’ascesa di queste grandi e potenti famiglie feudali.

Nel frattempo la Corsica intorno all’anno 1000 era passata sotto il dominio papale e il pontefice, su richiesta di alcune di queste potenti famiglie, aveva collocato l’isola sotto la protezione dei pisani, mentre altre cercarono il sostegno dei genovesi, che reclamavano i propri diritti sull’isola. L’epoca pisana, incursioni saracene a parte, fu per la Corsica un periodo di relativa pace, prosperità e sviluppo (fu questo il periodo in cui fiorì la locale architettura religiosa di stile romanico-pisano). Ma la festa finì quando, nel 1133, Genova, attirata dalle possibilità di sviluppo commerciale, ottenne dal papa Innocenzo II che l’isola fosse divisa tra le due repubbliche marinare e da quel momento cominciò la sua offensiva: fortificò Bonifacio e fondò più a nord quella che sarà storicamente la sua città più fedele, Calvi; nel 1284, sconfiggendo la flotta pisana alla Meloria, sancì poi il proprio predominio.

La Corsica divenne una colonia di Genova, che ne sfruttò le terre e le tasse al servizio dei propri interessi commerciali e vi eresse grandi fortezze e centinaia di torri di guardia. Fu questo un periodo particolarmente buio per la storia corsa e il dominio genovese rimase per secoli sinonimo di una brutale repressione: durante i cinque secoli di questa occupazione, qualsiasi tentativo di opposizione fu infatti ferocemente abbattuto. Contro questa potenza a poco valsero i tentativi di conquista da parte degli aragonesi, che godevano della benedizione e del patrocinio di papa Bonifacio VII, e che erano si erano fatti avanti con il pretesto di sostenere parte delle famiglie feudali in rivolta.

Fra il 1553 e il 1559 si ebbe una breve parentesi di amministrazione francese, che nella fase di conquista e di insediamento vide emergere la figura del colonnello Sampiero Corso: accanito antigenovese, fu un combattente d’eccezione nell’esercito d’oltralpe in lotta contro la tirannia genovese.
Nel 1559 però i genovesi ripresero il controllo dell’isola e con esso il suo sfruttamento economico, agricolo e commerciale e la sua repressione, aprendo nuove e forse ancora più dolorose ferite nel cuore del popolo corso e dando il via a una grande ondata di emigrazioni.

Durante il XVII e il XVIII secolo si susseguirono numerose le ribellioni antigenovesi, fino a quando Pasquale Paoli non prese il comando dei moti irredentisti e si conquistò il titolo di “padre della patria”: non solo contribuendo (in misura forse un po’ mitizzata) alle operazioni militari di liberazione dall’odiata occupazione genovese, ma soprattutto fondando un vero e proprio stato corso indipendente con sede a Corte, con uno dei primi testi costituzionali democratici d’Europa, un proprio sistema giudiziario, una propria università, una propria moneta e un rinnovato sistema economico, agricolo e commerciale risanato dalle controproducenti politiche colonialistiche di Genova. Ma la Francia, che aveva finora dato man forte agli indipendentisti corsi offrendo la propria mediazione in chiave antigenovese, pensò bene di farsi avanti per avere la propria fetta di torta e ottenne il consenso da Genova per occupare Bastia, Ajaccio, Calvi e Saint-Florent: solo un antipasto della definitiva conquista francese della Corsica sancita dal trattato di Versailles del 1768.

I rapporti con la Francia ebbero da allora alti e bassi; è emblematica in tal senso la politica del corso più famoso al mondo, Napoleone Bonaparte, che più di tutti si adoperò per la francesizzazione dell’isola.

Dopo una fase di apparente riconciliazione con la Francia in seguito all’attiva Resistenza corsa nella lotta al nazifascismo, il forte sentimento nazionale e un mai del tutto sopito desiderio d’indipendenza, da sempre favoriti dalla accentuata insularità corsa, hanno fatto riemergere in maniera marcata il cosiddetto malessere corso, che a partire dal secondo dopoguerra è sfociato in un vero e proprio movimento autonomista e, in parte, nella fondazione nel 1976 del Fronte di Liberazione Nazionale Corsu (FLNC). Accanto alle rivendicazioni politiche si è in più fasi associata la lotta armata, in un contesto sia di forte violenza (a cui è seguita una politica a volte repressiva a volte opportunisticamente licenziosa da parte del governo centrale francese), sia di estrema frammentazione interna, con alcuni gruppi nazionalisti coinvolti negli anni Novanta in vere e proprie guerre fratricide.

Alle secolari conquiste straniere, che tutte, anche quelle tutt’altro che pacifiche, hanno contribuito a comporre quello che è oggi il popolo corso, alle lotte di potere, alle rivendicazioni politiche e sociali gridate a gran voce (o in tempi più recenti a suon di dinamite), ai rapporti spesso ambigui fra il governo francese e chi a turno si è dichiarato indiscutibile portavoce del popolo corso e suo unico e legittimo rappresentante, a tutto questo il vero spirito corso sembra essere fieramente sopravvissuto. Lo ha fatto con una cultura che resta ancora consapevole delle proprie origini, pur in lotta contro gli aspetti più omologanti della globalizzazione dai quali nemmeno la Corsica viene totalmente risparmiata; con una musica tradizionale che col recente revival “combat-folk” riesce ad essere “pop” nel senso più genuino del termine; con un notevole afflato ambientalista (piromani a parte); con una lingua che specialmente qui è simbolo per eccellenza di distinzione e di identità.

Non si tratta né di sterili feticci da archivio di una memoria in romantico declino, né di una realtà da dare per scontata nelle sue capacità di preservazione e di rinnovamento. Ma sembra che la Corsica al momento stia riuscendo a mantenere vivi e dinamici i caratteri più originali di questa realtà, anche quando attraversa gli inevitabili, necessari e sempre più rapidi mutamenti culturali e storici dettati dalla contemporaneità.

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