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Il Treno Barocco – Sicilia Turismo

Merita un capitolo a parte l’itinerario storico che da Siracusa porta a Ragusa passando da Scicli, Noto, Modica e attraversando il Val di Noto, riconosciuto patrimonio dell’umanità e attualmente il più grande sito Unesco al mondo.

Grazie ai finanziamenti ottenuti con l’iniziativa Maratonarte, una maratona televisiva di raccolta fondi da destinare a 7 siti storici, artistici e paesaggistici da restituire a nuova vita, è stato inaugurato un bellissimo percorso a bordo di una locomotiva diesel, due carrozze “Centoporte” e un vagone-mostra per rivalorizzare la storica linea Siracusa-Modica-Ragusa che risale alla fine dell’Ottocento.

Il treno attraversa paesaggi mozzafiato; di più, permette di essere “dentro” il paesaggio e le meraviglie architettoniche del sito barocco più grande d’Europa.
Il Treno Barocco effettuerà questo tragitto di 112 km tutte le domeniche fino alla fine di settembre e il percorso è totalmente gratuito.
Ogni domenica ci sarà inoltre l’apertura straordinaria dei musei e di tutti i siti architettonici delle città lungo l’itinerario.

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Come muoversi in Sicilia in Treno – Sicilia Turismo

Sebbene il treno non sia il mezzo ideale se avete pochi giorni a disposizione per girare l’isola, è comunque piuttosto comodo per spostarsi lungo la costa tirrenica e quella ionica fino a Siracusa; inoltre tutte le province siciliane sono servite dalla rete ferroviaria.

Per fare alcuni esempi, il tragitto tra Palermo e Messina viene percorso dai treni regionali in 3h 15’/3h 30′ a seconda del numero di fermate. Gli Intercity in questo caso non convengono affatto: impiegano comunque 3h. Per la tratta Messina-Siracusa i treni regionali ci mettono dalle 2h 45′ alle 3h 30′; gli Intercity ci mettono dalle 2h 30′ alle 2h 40′ (1° e 2° classe).

Su entrambe queste linee circolano anche i treni espressi che provengono dal continente (rispettivamente per 2° e 1° classe) ma che sono in ritardo cronico. Vanno bene se arrivati in stazione sono i primi treni che trovate, ma altrimenti non vale la pena aspettare di prendere proprio questi.

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Come muoversi in Sicilia in auto e moto – Sicilia Turismo

Due o quattro ruote saranno un mezzo indispensabile se volete visitare zone diverse della Sicilia e siti archeologici, che in molti casi si trovano in posizioni isolate e mal servite dai servizi pubblici.

In città come Palermo, Messina, Catania lascerete volentieri l’auto in qualche garage custodito e vi eviterete un bel po’ di stress del guidatore.
Il resto dell’isola invece si gira abbastanza bene: il litorale tirrenico è collegato da Messina a Trapani dalla A20 (con pedaggio) fino a Buonfornello, all’altezza del sito archologico di Imera, dalla A19 da qui fino a Palermo e dalla A29 da Palermo a Trapani/Mazara del Vallo (entrambe senza pedaggio); da Messina la A18 (con pedaggio) arriva fino a Catania, da dove ha inizio la A19 che attraversa l’interno via Enna e risale verso nord ovest fino a Buonfornello. È inoltre in costruzione un nuovo tratto autostradale che collegherà Siracusa a Gela.

Altre arterie importanti sono la strada statale che collega Trapani a Siracusa lungo la costa meridionale, la statale 417 da Catania a Gela e la statale 189 Palermo-Agrigento, che permettono di coprire le lunghe distanze in tempi ragionevoli.

Lungo le strade di montagna e alcune dell’interno rurale i tempi a volte si allungano parecchio anche sulle brevi distanze per la tortuosità delle strade.
Così come un po’ in tutta Italia, purtroppo anche in Sicilia molti guidatori guidano in maniera azzardata così che segnaletica e limiti di velocità sulle strade a scorrimento veloce finiscono per essere un puro addobbo. Quindi anche qui vale sempre e ovunque la regola della prudenza.

Nelle città evitate di lasciare la vostra macchina in settori dove non siano indicate in maniera chiara le linee di parcheggio (nonostante le lotte di tanti cittadini palermitani, catanesi, messinesi, i parcheggiatori abusivi sono una razza tutt’altro che estinta); in alternativa potete lasciarla in un parcheggio al coperto.

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Lo Stretto di Messina – Sicilia Turismo

Messina è collegata a Villa San Giovanni dai traghetti delle Ferrovie dello Stato (35′; 18 corse al giorno) e da quelli della Caronte & Tourist (25′; 35 corse al giorno in direzione Messina, 36 in direzione Villa San Giovanni), che ha anche un servizio da/per Salerno (v. Come arrivare_In nave).

Da Reggio Calabria partono gli aliscafi di Ustica Lines (15′. In direzione Messina 3 corse al giorno dal 1° giugno al 16 settembre, 2 corse al giorno dal 17 settembre al 31 maggio; in direzione Reggio Calabria 2 corse al giorno), e i traghetti della Meridiano (25′. In direzione Messina 12 corse al giorno dal lunedì al venerdì, ogni 2h, 4 corse il sabato, 2 corse la domenica e i festivi; in direzione Reggio Calabria 2 corse al giorno dal lunedì al venerdì, ogni 2h, 3 corse il sabato, 3 corse la domenica e i festivi).

La Meridiano ha inoltre una linea Reggio Calabria-Tremestieri (ME), a circa 6 km a sud del porto di Messina. La traversata dura 30 minuti. In direzione Tremestieri ci sono 12 corse al giorno dal lunedì al venerdì, ogni 2h, 4 corse il sabato, 2 corse la domenica e i festivi. In direzione Reggio Calabria 2 corse al giorno dal lunedì al venerdì, ogni 2h fra 3 corse il sabato, 3 corse la domenica e i festivi.

Gli occupanti delle auto viaggiano sempre gratuitamente.

Per chi viaggia in treno è gratuito il passaggio sui traghetti delle Ferrovie dello Stato. Se viaggiate di notte potete anche rimanere sul treno, anche se le manovre per l’imbarco sul traghetto sono piuttosto rumorose. Se viaggiate di giorno invece è meglio scendere dal treno alla stazione di Villa San Giovanni, saltando tutte le manovre di imbarco. Dalla banchina scendete direttamente fino al livello del mare seguendo le indicazioni per il traghetto.
Il porto d’imbarco da Reggio Calabria è a 200 m dalla stazione di Reggio Lido.

Chi è in auto può acquistare i biglietti presso le biglietterie lungo la strada per l’imbarco, chi è a piedi paga direttamente al controllore. Per prima troverete la biglietteria per i traghetti delle Ferrovie dello Stato, 500 m più avanti quella della Caronte.

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Come arrivare in Sicilia in auto

Dal Nord Italia la Sicilia si raggiunge con la A1 fino a Napoli, a pagamento (esempio: Milano-Napoli 770 km ); da Napoli la A3 porta fino a Villa San Giovanni e Reggio Calabria (497 km; senza pedaggio) dove si trovano gli imbarchi per Messina.

Dal Centro-Sud si può scegliere fra la A1-A3 o la A14 fino a Taranto, e da lì seguire il litorale ionico per poi rientrare verso l’interno all’altezza di Permuta e ricongiungersi con la A3.

Se viaggiate in periodi di alta stagione, percorrere tutti questi chilometri in auto non è molto allettante; se non avete in programma di fare soste intermedie lungo il tragitto, soprattutto per chi arriva dal centro-nord Italia può essere molto più conveniente e meno stancante imbarcarsi su uno dei numerosi traghetti che dalla costa tirrenica raggiungono la Sicilia.

Le compagnie che servono l’isola sono tante, alcune delle quali fanno scalo direttamente sulle isole minori, e giocando un po’ d’anticipo si possono trovare passaggi auto a prezzi molto economici.

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La Ferrovia Circumetnea in Sicilia

Questa linea ferroviaria è un bel circuito di circa 110 chilometri che gira intorno all’Etna collegando Catania con Riposto. Sicuramente è uno dei modi migliori per vedere da ogni prospettiva l’imponente vulcano e i bellissimi paesaggi che lo circondano.

Si tratta di una linea storica, attiva dal 1898 che sta per essere ristrutturata con l’ammodernamento dei mezzi e la costruzione di nuove stazioni e con un programma di potenziamento e riqualificazione dell’intera linea originaria monobinario a scartamento ridotto percorsa da treni diesel, che dovrebbe essere trasformata in una rete ferroviaria composta da linee a doppio binario, scartamento ordinario ed elettrificata, come è già la metropolitana di Catania, gestita dalla stessa compagnia ferroviaria.

Partendo da Catania, la stazione di partenza della Circumetnea è Catania Borgo, servita da bus urbani e metropolitana ma facilmente raggiungibile anche a piedi perché si trova in cima alla centralissima via Etnea, sulla destra venendo dal porto, all’altezza di Via Caronda.

Vista la tortuosità del percorso, il periplo completo dell’Etna richiede 3h 10′ durante le quali si alternano paesaggi lunari di rocce laviche a campi coltivati ad agrumi, ulivi e fichi d’India.
Una sfilza di paesi si susseguono lungo il tragitto e le fermate sono numerose; tra l’altro vige ancora la fermata facoltativa, quella che prima era al servizio dei contadini che utilizzavano il treno per raggiungere i campi e tornare in paese e adesso può diventare la base di partenza per interessanti escursioni, come quella che dalla stazioncina di Passo Zingaro segue una mulattiera in mezzo a coltivazioni di pistacchio.

Il paesaggio si fa più selvaggio, costituito da colate laviche di varie epoche, e poco oltre la stazione di Bronte si presenta agli occhi una spettacolare colata di lave a corda. All’altezza dell’altopiano di Maletto si raggiunge il punto più alto toccato dalla linea ferroviaria, da dove si ha un’ottima visuale sui crateri sommitali del vulcano. A Randazzo si cambia treno; siamo agli antipodi di Catania lungo questo percorso, e da questo punto il paesaggio si addolcisce di vigneti e agrumeti e compaiono le prime ville della valle dell’Alcantara.

La corsa finisce alla stazione di Riposto, di nuovo sul mare. Se si vuole tornare subito a Catania conviene scendere alla stazione di Giarre, subito prima di Riposto, che si trova lungo la linea ordinaria Messina-Catania.

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Catania – Sicilia Turismo

L’immagine della città è naturalmente legata a quella del vulcano che la sovrasta, l’Etna, della cui lava in parte è fatta grazie all’architetto del Settecento Giovan Battista Vaccarini che pensò bene di sfruttare cotanta abbondanza di materia prima per ricostruire la città devastata dal terremoto di cui fu vittima alla fine del Seicento.

Il nuovo impianto architettonico ha dato a Catania un aspetto nobile, altero e suontuoso e, nonostante lo stato di abbandono in cui versano molte delle sue chiese e palazzi, la città riserva molte bellezze barocche e luoghi interessanti da visitare. La sua attrattiva più peculiare sta forse nella particolare vivacità che contraddistingue la sua vita sociale e culturale, fatta di mercati all’aperto e locali sempre frequentatissimi; inoltre un’eccellente cucina tradizionale e le bellezze naturali circostanti completano il quadro.

Catania dispone di un buon servizio di autobus e ha anche qualche chilometro di metropolitana, che però va dal porto verso la trafficata Via Etnea con capolinea alla stazione di Catania Borgo, da dove partono i treni della Ferrovia Circumetnea. Tutto sommato si gira però abbastanza bene a piedi.

Per orientarsi si può usare Piazza del Duomo, da cui parte la Via Etnea e nei dintorni della quale si trovano quasi tutti i luoghi di maggior interesse della città.
Il Duomo fondato dal conte Ruggero nell’XI sec. sui ruderi romani delle Terme Achilliane, della originale struttura normanna mantiene adesso solo le absidi ricavate dalla roccia vulcanica; nel Seicento è stata rimaneggiata in chiave barocca, come sempre senza badare molto alla sobrietà, soprattutto nell’interno.
A sud della piazza, subito oltre Porta Uzeda, si tiene ogni giorno il più chiassoso e frastornante mercato (ittico soprattutto) della Sicilia, la Peschiera, dove è possibile anche assaggiare frutti di mare freschissimi (anche se i nutrizionisti sconsigliano vivamente…).

A ovest del mercato una serie di vicoli tortuosi portano al bel Castello Ursino, antica fortezza di Federico II di Svevia, attualmente ospitante il Museo Civico.
Tornando verso Via Etnea si oltrepassa Piazza Mazzini e si incontra una parte molto bella della città, un viluppo di chiese, strade strette di epoca settecentesca e rovine archeologiche.
Qui il barocco la fa da padrone, nelle facciate dei palazzi che si affacciano su Via dei Crociferi e nelle chiese come quella di San Giuliano.

All’inizio di Via dei Crociferi si trova la casa natale del compositore Vincenzo Bellini (alla cui Norma è dedicato il piatto più tradizionale di Catania, la pasta alla Norma), adibita oggi a Museo; di fronte al Museo Belliniano sorge il Teatro Romano, costruito in pietra lavica nel II sec. d.C. sul sito di un più antico teatro greco, e, poco lontano, nella nascosta Via Sant’Anna, la Casa-museo Giovanni Verga.

In Piazza Dante, una graziosa mezzaluna di case alcune delle quali ospitano al piano terra piccoli laboratori di falegnameria o ferramenta aperti sul marciapiede, si trova la più grande chiesa della Sicilia, San Nicolò l’Arena (105 m), dalla monumentale facciata settecentesca che contrasta con il sobrio e spoglio interno bianco privo di decorazioni. Dalla cupola si può vedere uno dei panorami più spettacolari sulla città, le due coste siciliana e calabrese e l’Etna in tutta la sua magnificenza.
Anche il monastero benedettino adiacente alla chiesa non è da meno quanto a dimensioni, giacché si tratta del secondo monastero più grande d’Europa dopo quello portoghese di Mafra.

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E.P.T. (Ente Provinciale per il Turismo) Aeroporto “Elmas” – 09100 Cagliari Tel.: 070-240200 Piazza Deffenu, 9 – 09125 Cagliari Tel.: 070-651698 Fax: 070-663207 Web: www.regione.sardegna….

Il clima della Sardegna è di tipo fondamentalmente mediterraneo: sulle coste le temperature estive sono alte ma rese sopportabili dalle brezze marine e gli inverni sono miti, con scarsissime piogge; …

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Storia della Sardegna

La storia sarda viene spesso intrisa di luoghi comuni riguardanti una certa chiusura economica e sociale che le sarebbe strutturalmente peculiare fin dalla notte dei tempi. Occorre andare a ritroso nel tempo di alcuni millenni per capire a fondo quanto questa visione sia un po’ falsata da concezioni stereotipate.

In realtà già in epoca prenuragica la civiltà sarda era straordinariamente ricca: la cultura di origine orientale di Ozieri, che viene considerata la prima grande cultura sarda, fiorì 6 millenni fa (3800 a.C – 2900 a.C circa) proprio come frutto del felice incontro culturale e commerciale fra i sardi prenuragici e popolazioni neolitiche greche, che si presume abbiano introdotto nell’isola arti manifatturiere fino ad allora considerate tipiche delle Cicladi e di Creta e dato nuovo impulso ai commerci e all’organizzazione sociale e culturale dell’isola.

Risalgono a questo periodo le domus de janas (case delle fate), le tombe scavate nella roccia all’interno delle quali sono state ritrovate molte statuine che riproducevano la prospera Dea Madre mediterranea, così come altre sepolture simbolo di una religiosità legata alla natura che avvicina nuovamente Tirreno ed Egeo. Il complesso più importante di questo tipo di tombe è quello di Sant’Andrea Priu, vicino a Bonorva e alla Valle dei Nuraghi, ma se ne trovano numerose in molte altre parti della Sardegna.

Si suppone che la nuova cultura che si era generata fosse organizzata in tante comunità che si dedicavano inizialmente all’agricoltura e che convivevano pacificamente. Non sono infatti state rinvenute fortificazioni di difesa intorno ai villaggi, né armi all’interno delle sepolture in numero tale da richiamare lo stesso tipo di bellicosa conflittualità che avranno più tardi le tribù nuragiche e di cui sono prove evidenti i numerosissimi nuraghi costruiti in gran parte della Sardegna.

Ma anche la stessa civiltà nuragica, seppur particolarmente concentrata sulle lotte tribali, non era dedita solo alla guerra: ormai divenuta una società pastorale, era comunque prospera e commerciava apertamente con le Baleari, la Grecia e il Medio Oriente, vivendo una vera e propria “età dell’oro”.

A porvi fine furono le occupazioni straniere: l’isolamento e il ripiegamento verso l’interno avvenne in seguito alle invasioni fenicie, ma soprattutto puniche, che penetrarono maggiormente nell’entroterra spingendo i Sardi a preferire le zone più impervie e irraggiungibili dell’interno a quelle coste in cui la vita era diventata tanto più insicura.

Da allora alla sua millenaria civiltà prenuragica e nuragica si sono sovrapposti tanti strati di storia quanti sono i popoli che sono approdati sulle sue sponde: dopo i fenici e i cartaginesi sono arrivati i romani, i bizantini; poi (dopo l’unica pausa unitaria nella storia della Sardegna che, in seguito all’abbandono delle istituzioni bizantine e alla lotta comune contro le incursioni saracene, vide il popolo sardo dotarsi di istituzioni uniche nel loro genere nell’Europa del tempo, i giudicati), i pisani, i genovesi e infine 4 secoli di dominazione aragonese, prima che anche i Savoia avessero le loro belle gatte da pelare con un indipendentismo mai sopito.

Ma queste successive ondate, contro cui le popolazioni sarde hanno sempre opposto quella che Lilliu ha chiamato una “costante resistenziale”, non sono più riuscite a scalfire, se non in parte, i caratteri peculiari di quell’ormai consolidato mondo pastorale in cui l’accentuata insularità ha contribuito in maniera essenziale a preservare pressoché intatte le antiche tradizioni… Questo fino all’ultima stirpe di conquistatori, che nel secolo scorso ha invaso pacificamente la Sardegna “costringendo” l’antico mondo sardo a rivedere il proprio status di isola nell’isola e a riavvicinarsi all’elemento acquatico: la stirpe dei vacanzieri.